Come vendere prodotti (e servizi) più cari

1676 visualizzazioni - 7 Aprile 2021 -
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Riuscire a fare upselling, ovvero vendere prodotti a prezzo unitario più alto, è un must per un commerciante (ma anche per un’azienda di servizi), perché aumenta lo scontrino medio e, generalmente, anche il margine, ovvero il guadagno. Le tecniche classiche sono tante, ma a volte semplici accorgimenti nell’assortimento e nei prodotti/servizi proposti sono un potente strumento di persuasione, a patto di rispettare alcune regole.

In un precedente approfondimento abbiamo analizzato gli indicatori fondamentali da tenere d’occhio per valutare la bontà del proprio assortimento ovvero la rotazione del magazzino e il margine per categoria di prodotto.

In questo articolo, invece, utilizzando il neuromarketing e la psicologia del consumatore, vogliamo capire quanti prodotti esporre per ogni categoria e quale range di prezzo per categoria ci permettono di ottenere i migliori risultati in termini di vendite.

Ad esempio, immaginate di gestire un negozio di strumenti musicali, dove entra un padre che accompagna la figlia 14enne a comprare il suo primo basso elettrico.

Se proponete due ragionevoli modelli per un bassista alle prime armi, un Fender Squier Bronco da 180€ e un Fender Mustang da 500€, è molto probabile che la scelta del genitore cadrà sullo Squier da 180€. Esistono, infatti, bassi elettrici (non Fender!) intorno ai 90€, e il cliente avrà sicuramente fatto un giro online prima di visitare il vostro negozio. Avergli proposto un entry level di (sotto) marca ad un costo ragionevole (il doppio del cosiddetto “primo prezzo”) vi posiziona come un negozio di maggior qualità che, però, ha capito le esigenze del cliente. Se aveste proposto solo il Mustang da 500€ si sarebbe irrigidito.

Tuttavia, come potreste fare a vendere il prodotto da 500€, che vi assicura un guadagno maggiore?

Se poteste leggere nella mente del cliente, trovereste frasi del tipo:

“quelli veramente basic che ho visto online costano 90€, questo mi sembra già un buon basso”

“è comunque un Fender!”

“per iniziare mi sembra buono, e se poi mia figlia smette di suonare?”

“prima di fare un investimento da 500€ vorrei essere sicuro che suonare il basso le piaccia davvero”

ecc…

La prima regola è MAI DENIGRARE UN VOSTRO PRODOTTO. Dire che la Squier è una sottomarca della Fender, che tra i due bassi non ci sono paragoni, che uno è fatto di segatura è molto controproducente, perché la domanda che si fa immediatamente il cliente sarà: “ma se fa così schifo perché me lo ha proposto? E, soprattutto, perché lo ha in assortimento?”.

Ricordate che siete quello che vendete, se i vostri prodotti sono scarsi, anche voi sarete percepiti come tali.

La tecnica classica è quella di esaltare in positivo le caratteristiche del Mustang, spiegando che costa di più perché il suono è più pulito, il legno è migliore, le finiture sono più dettagliate (sempre facendo attenzione a non denigrare lo Squier), raccontando la storia del Mustang, che, per esempio, è stato usato da Bill Wyman dei Rolling Stones. Farglielo provare è certamente vincente: una volta che il padre o, meglio, la ragazzina, toccano il prodotto, lo suonano, lo sentono già loro siete già a metà strada, anche se ci vuole un certo orecchio per cogliere le differenze di suono tra i due bassi, e il cliente medio non è in grado di percepirlo. Insomma, le tecniche classiche sono sempre valide, ma possono non bastare.

Parlare alla ragazzina per fare in modo che sia lei a fare pressione sul genitore è rischioso, perché può essere percepito come manipolatorio, perché il padre (quello che paga) si può infastidire e perché non saprete mai come ragionano gli adolescenti. Se lei dice “ma si, papà, prendiamo quello da 180€, che va bene; e poi i Rolling Stones sono vecchi!” non avete più speranze.

Il neuromarketing ci insegna che dovete “disancorarlo” dal prezzo che ha visto su internet, anche perché probabilmente il cliente non vi dirà mai che ha visto un basso da 90€ (non essendo un esperto, ha paura di sentirsi rispondere “stiamo parlando di bassi elettrici o di giocattoli?”), ma quel prezzo è nella sua testa e fa da àncora nella trattativa.

 

Un accorgimento semplice, ma estremamente potente in termini di neuromarketing è proporre una terza alternativa, ancora migliore in termini di qualità e, naturalmente, di prezzo.

Ad esempio, proporre come top di gamma un Fender AM original da 1700€ rende di colpo lo Squier da 180€ come la scelta cheap e il Mustang da 500€ un ottimo compromesso!

Se poteste leggere nella mente del cliente, adesso trovereste frasi del tipo:

“wow, che basso fantastico [quello da 1700€], forse un giorno mia figlia suonerà uno di questi”

“iniziamo con qualcosa di buono [quello da 500€], così impara meglio”

“certo, il primo [quello da 180€], è proprio basic basic, probabilmente tra 6 mesi lo dovrei cambiare”

“non posso farla avvicinare alla musica con un prodotto troppo scarso, altrimenti si disamora”

ecc…

Se, poi, attraverso le tecniche classiche, riuscite a vendere il Fender AM original da 1700€ tanto meglio, ma basta la sola presenza di una alternativa di maggior valore per spostare verso l’alto il price point del cliente e disancorarlo dai 90€ visti su internet (“certo, quello che ho visto su quel sito a 90€ doveva essere proprio una schifezza…”).

Ci sono, però, alcuni elementi fondamentali da tenere in considerazione:

  • Troppe proposte confondono il cliente.

Il cervello ama la semplicità. Se proponeste 10 bassi elettrici da 200€ a 2000€ con incrementi di prezzo di 200€ il cliente non saprebbe più scegliere, non sarebbe in grado di distinguere il basso da 800€ da quello da 1000€ o da 600€. Il risultato sarebbe quello di confonderlo, e il cliente sentirebbe il bisogno di tornare a casa ad informarsi meglio. Magari tornerebbe, più informato, a comprare da voi il basso da 800€, ma sapete benissimo che una vendita non conclusa è una occasione persa. Più probabilmente, infatti, nel suo percorso informativo approfondito, si imbatterà in una offerta migliore e lo avrete perso per sempre.

  • Un range di prezzo troppo ampio tra l’offerta base e quella top disorienta il cliente.

Una enoteca che vende il Tavernello in cartone (2€/litro) e il Sassicaia (€300 a bottiglia, con punte di migliaia di euro a seconda delle annate) non è credibile. Il cliente è disorientato e non si fida a comprare un prodotto di qualità/prezzo elevati se avete in assortimento anche un prodotto di qualità/prezzo estremamente bassi.

In termini di marketing, avere una forchetta di prezzo troppo ampia sulla stessa categoria non fa percepire chiaramente il posizionamento del negozio.

Non esiste una regola scientifica della forchetta di prezzo corretta, dipende da tanti fattori e dalla categoria merceologica, ma con una ragionevole approssimazione si può affermare che una distanza superiore a 10 volte tra il primo prezzo e il top di gamma nella stessa categoria è pericolosa.

Manuale di riferimento

I FOCUS DELLE BUSSOLE

IL NEUROMARKETING NEL NEGOZIO

Le neuroscienze hanno da tempo dimostrato che esistono processi cognitivi ed emotivi di cui non abbiamo il controllo razionale e di cui siamo (parzialmente o totalmente) inconsci. Il neuromarketing, disciplina relativamente giovane che studia cosa provano e come decidono i clienti, può aiutare i negozianti a rivolgere l’attenzione ai propri clienti in modo nuovo, per capire meglio i loro comportamenti, i loro bisogni inespressi, cosa essi si aspettano di trovare in un negozio e, soprattutto, quali sono i meccanismi mentali che guidano le loro decisioni e cosa li rende soddisfatti e felici durante l’esperienza di shopping.

Alcuni suggerimenti forniti in questa guida sono già parte integrante del comportamento dei negozianti di successo, ma spesso vengono applicati come risultato di una spiccata capacità relazionale, doti di vendita o semplice buon senso. Oggi, grazie al neuromarketing e allo studio del cervello, siamo in grado di capire perché certe azioni inducono determinati comportamenti.

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