Ridurre il dolore del pagamento per vendere di più
di Roberto Pone
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L’analisi tramite risonanza magnetica funzionale mostra come, a fronte di un prezzo che si ritiene elevato, il cervello generi una risposta equivalente a quella del dolore fisico, è simile a “quando si viene pizzicati” [1]. Trovare pertanto modi per ridurre questo dolore, in questa newsletter ne vedremo 10, semplicissimi, suggeriti dal neuromarketing, permette di aumentare la probabilità di concludere la vendita e, al contempo, riduce l’impatto negativo del pagamento sull’esperienza del cliente.
Curare la proposta
È anzitutto necessario dedicare tempo ed energie per mostrare, in particolare se il prezzo è superiore alla concorrenza, quanto questo sia giustificato dal maggiore valore erogato enfatizzando, nel caso di un pubblico molto attento all’uso del denaro, i benefici più pratici di quanto offerto mentre, nel caso di un pubblico più facilmente disponibile a spendere, unire, ai benefici pratici, gli aspetti relativi al piacere di utilizzare il prodotto o il servizio.
Un modo per giustificare un prezzo più alto è rompere la coerenza con quanto di simile, ad esempio utilizzando espressioni altisonanti nelle descrizioni, come “cioccolato da intenditori”, modificando forme e colori delle confezioni, ad esempio utilizzando scatole arrotondate o con più facce e colori, come il nero o il viola, ritenuti più esclusivi [2].
Anche piccolissimi cambiamenti nel modo di formulare le proposte possono però avere impatti rilevanti su come queste vengano percepite, ad esempio ponendo in risalto il ridotto costo mensile di un abbonamento, invece del totale da pagare nell’anno o inserendo la parola “solo” nel presentare l’offerta il cui costo potrebbe, ad esempio, passare da “10 euro al mese” a “solo 10 euro al mese”.
Fare offerte “a pacchetto”
Le formule cosiddette a pacchetto, che includono in una sola offerta più prodotti o servizi, possono permettere di attenuare il dolore dell’acquisto. Questo spiega il successo di alcune proposte “all you can” come nel caso dell’abbonamento a contenuti video on demand offerto dalle piattaforme online, di viaggi a prezzo fisso proposti da alcuni operatori così come delle offerte di molti ristoranti, ad esempio per il pranzo, in cui l’esigenza del cliente, di contenere e controllare il prezzo, è maggiore.
Passare da un menù alla carta a uno a prezzo fisso (utilizziamo la metafora del ristorante ma è una riflessione che vale per un ampio numero di servizi e situazioni) può pertanto ridurre il dolore legato all’acquisto, aumentando la probabilità che questo si realizzi, anche quando il suo prezzo è equivalente alla somma delle singole componenti proposte, o può persino risultare superiore (la creazione di pacchetti rende infatti in alcuni casi più faticosa, se non impossibile, la valutazione del costo delle singole voci).
Viceversa, la formula di pricing tipica nei ristoranti di sushi, o forse l’esempio più emblematico è quello del tassametro nei taxi, ripropongono a più riprese, mostrando il costo di ogni singolo piccolo incremento (di consumazione o di strada percorsa), il dolore d’acquisto, potendo incidere negativamente sulla quantità di cibo consumato, sulla frequenza di visita o, più in generale, sull’esperienza complessiva del cliente.
Rendere la scelta un compromesso
La nostra percezione è influenzata direttamente da quello che la precede, si parla di contrasto percettivo. Se provate ad esempio a sollevare un peso da 5 kg avendone prima sollevato uno da 10 kg, vi sembrerà leggero. Se invece sollevate direttamente (e solo) quello da 5 kg, questo vi sembrerà pesante. Sfruttando questo principio e la nostra naturale tendenza a ricercare scelte di compromesso, qualora si proponga un prezzo medio subito dopo uno alto, quello medio sarà percepito dal cliente come più contenuto.
L’ordine dei prezzi, torna l’esempio del menù, dovrebbe quindi essere decrescente e comunque rendere ben visibile, tra le proposte in cima alla lista, quelle a più alto prezzo, rendendo così percettivamente meno care quelle intermedie, che subito le seguono, stimolando il loro acquisto come soluzioni di compromesso.
Una tecnica che è possibile utilizzare anche per rendere più conveniente la presentazione di un prodotto, fornendone una bella descrizione dopo aver invece dedicato pochissimo tempo a presentare il precedente.
Evitare di incolonnare i prezzi
Disporre i prezzi non allineati in colonna, pur mantenendo questi facilmente leggibili, per ostacolare una tendenza automatica ad effettuare una rapida scansione alla ricerca delle proposte più economiche, in quanto associate a minor rischio, che potrebbe negativamente influenzare la scelta.
Facilitare l’uso della carta di credito
I diversi strumenti di pagamento generano emozioni (e ricordi) diversi, e tirare fuori e contare i contanti è più doloroso che pagare con carta di credito. Economisti come Feinberg e Simester hanno dimostrato che le carte di credito rendono la transazione meno “reale”, scollegando l’atto dell’acquisto da quello del pagamento. Questo fenomeno prende il nome di “disaccoppiamento” e spiega perché le carte di credito svolgano una funzione tranquillizzante. Altri esperimenti condotti con l’fMRI (Risonanza Magnetica Funzionale), in effetti, suggeriscono che l’insula, la regione del cervello tipicamente associata alle dipendenze e alle emozioni negative, si attiva in misura inferiore quando i clienti pagano con carta di credito invece che in contanti.
Se guardiamo agli effetti sui consumatori, la prima è più rilevante conseguenza è che, pagando con le carte di credito, sono portati a spendere di più di quanto preventivato e, soprattutto, comprano più rapidamente, più facilmente e più spesso.
Ridurre gli stimoli relativi al denaro
Altri possibili accorgimenti nel pricing delle proposte dovrebbero tenere in considerazione come stimoli relativi al denaro possano innescare comportamenti egoistici. A tal proposito è utile richiamare i risultati dello studio realizzato dalla Cornell University sulle modalità tipiche di presentazione dei prezzi nei menù dei ristoranti che hanno evidenziato come l’indicazione di prezzi in cifre e senza decimali, né simboli relativi alla valuta (per esempio “19” anziché “19,00 €”), abbiamo contribuito ad aumentare la spesa dei clienti [3].
Fare offerte precise
Anche la precisione dei prezzi applicati può incidere sulla conclusione della vendita in quanto, chi riceve un’offerta precisa tende a ritenere che si sia a lungo riflettuto sul prezzo, e che si disponga pertanto di solidi motivi per sostenerlo. Alcune ricerche hanno mostrato come la precisione del prezzo applicato crei un metro di misurazione mentale che porta, nella negoziazione, a scostarsi in misura minore dall’ancora mentale della cifra richiesta. Pertanto, immobili i cui prezzi vengano proposti con una cifra precisa, es. 495.000 €, tendono a essere venduti a un prezzo più vicino a quello di partenza rispetto al caso in cui i prezzi siano espressi a cifra tonda, es. 500.000 € [4].
Sfruttare l’effetto cifra a sinistra
È il numero a sinistra quello a cui, nel valutare il prezzo, si presta maggiore attenzione. Pertanto, un prezzo di 19 euro rispetto a 20 non è solo di un euro più basso ma il cambiamento della cifra iniziale, da 2 a 1, ha un ben più elevato impatto sulla percezione complessiva del prezzo da sostenere. Questo principio è alla base della pratica, molto diffusa offline e online, di fissare prezzi a € X,99 centesimi.
Innumerevoli studi di neuromarketing, e alcuni fallimentari esempi di imprenditori fiduciosi nella razionalità dei loro clienti, hanno dimostrato infatti che, aumentare di un centesimo il prezzo per fare cifra tonda, nonostante non incida sulle tasche del consumatore, renda il prezzo più chiaro e faciliti le operazioni di resto, non è una buona idea. Aumentare un prezzo da € 4,99 a € 5,00 sposta il prodotto dalla categoria mentale “sotto i 5 euro” a quella “sopra i 5 euro”. È l’effetto “cifra a sinistra” che porta l’utente a percepire il prezzo del prodotto da 5 euro non un centesimo più elevato, ma un euro più elevato, con conseguenze sulle decisioni di acquisto facilmente immaginabili.
Ovviamente lavorare sui centesimi non è l’opzione più adatta per tutti i tipi di offerta, in particolare se parliamo di beni o servizi di particolare pregio, che potrebbero invece venir sminuiti da un simile intervento in quanto, come vedremo al punto successivo, esiste un automatismo cerebrale che associa, a un maggior prezzo, una maggiore qualità.
La possibilità di ricorrere all’effetto cifra a sinistra è però utile sia sempre valutata con attenzione e, a dimostrazione delle sue possibilità di utilizzo, segnaliamo come il prezzo dell’iPhone SE, l’economico della gamma ma non certo un prodotto di fascia bassa, data anche l’esclusività del brand, ha un prezzo, al momento in cui scriviamo, proprio a partire da 499 €. Ed è oltretutto presentato online utilizzando uno sfondo nero, colore che, più di altri, rimanda a un’idea di esclusività e alto di gamma [5].
L’effetto cifra a sinistra però non si limita ai soli prezzi ma a molti altri campi in cui ridurre anche solo di poco il traguardo da raggiungere, ad esempio correre 2,9 chilometri invece di 3, può aumentare motivazione e impegno a farlo. I personal trainer sono avvisati.
Considerare il prezzo parte dell’esperienza
Mentre cerchiamo modi per abbattere il prezzo, anche solo la sua percezione, occorre non dimenticare come il prezzo sia un indicatore del valore dell’offerta, in particolare nel caso di un’offerta complessa, per componenti e processo di lavorazione, come ad esempio quella di un ristorante ed in cui il nostro cervello, per aggirare lo sforzo altrimenti necessario a valutare, associa a maggiore costo, maggior valore.
Alcuni studi hanno inoltre mostrato come il cervello che si attende un maggior valore, a fronte di un prezzo elevato, riesca poi a ottenerlo effettivamente, anche quando non giustificato. Nelle ricerche realizzate gli utenti assaggiavano un vino e, nonostante fosse sempre lo stesso, una parte delle volte veniva presentato come dal costo di 45 $ a bottiglia, mentre nell’altra parte come di soli 5 $.
L’analisi delle aree cerebrali degli utenti sottoposti a test ha mostrato come quella orbito-frontale laterale, coinvolta nella registrazione di esperienze gustative piacevoli, si attivava di più laddove gli veniva comunicato che il prezzo era di 45 $. In questi casi l’utente otteneva un reale maggior piacere dall’assaggio [6].
Pertanto, nonostante sia utile ridurre il dolore della perdita connesso al pagamento, per alcuni prodotti di fascia premium il prezzo è parte integrante dell’esperienza. E uno sconto eccessivo potrebbe, di fatto, danneggiarla [7].
Far attenzione a come si conclude la visita
Il momento finale di un’interazione ha un ruolo cruciale nel determinare la soddisfazione della clientela ma, purtroppo, caratterizzarlo in maniera particolarmente piacevole è difficile in quanto questo è, in molti casi, il momento in cui il cliente paga. Pagamento che viene interpretato dal cervello come negativo, tanto da parlare di “dolore della perdita” con una risposta cerebrale che, come abbiamo visto, nel caso di un prezzo percepito molto elevato, si avvicina al dolore fisico.
Alcuni operatori, è una tecnica ampiamente diffusa tra i ristoratori, per lenire il dolore connesso alla privazione del denaro, offrono, contestualmente al conto, un piccolo dono. Altre possibilità sono uno sconto non atteso o, appena dopo il pagamento, un omaggio piccolo ma significativo. Questi rendono il momento del pagamento un’esperienza più piacevole, grazie alla sorpresa, e memorabile grazie al significato profondo del donare.
Il dono, inoltre, attivando il principio di reciprocità (ci sentiamo obbligati a contraccambiare) aumenta la probabilità di una mancia, la decisione di tornare e la disponibilità a segnalare ai propri conoscenti la bontà dell’offerta. Una disponibilità a ricambiare che aumenta quanto più il dono risulti significativo, inatteso e personalizzato.
Sono comunque efficaci, nel ricompensare il cliente della “perdita” del denaro, ancor più semplici azioni, come la consegna di quanto comprato attraverso un gesto rituale, e se il prodotto acquistato avrà anche una bella confezione, creata proprio per il cliente, si attiverà nel suo cervello il meccanismo della ricompensa e, soprattutto, sarà questo l’ultimo momento dell’esperienza che il cliente ricorderà.
Così come accompagnare all’uscita il cliente, non abbandonandolo subito dopo il pagamento, aprire la porta e salutarlo, vuol dire riconoscere che si è instaurato con lui un rapporto che va oltre l’acquisto del prodotto o del servizio e quindi dare valore alla relazione instaurata.
A tutto beneficio della qualità della vendita e della probabilità di fidelizzare il cliente.
[1] Fonte: Dooley R., Neuromarketing in pratica, 100 modi per conquistare e convincere i consumatori, Apogeo, 2019.
[2] Fonte: Nodder C., Design diabolico. Sfruttare le debolezze umane per creare interfacce coinvolgenti, LSWR, 2014.
[3] Fonte: Roger Dooley, citando dati di Yang S.S., Kimes S.E, Sessarego M.M., $ or Dollars: Effects of Menu-price Formats on Restaurant Checks, in Cornell Hospitality Reports 9, n.8, The Center for Hospitality Research, Cornell University School of Hotel Administration.
[4] Fonte: Dooley R., citando Herbert W., Why Things Cost $19.95, in Scientific American Mind, 1 aprile 2008. Herbert a sua volta richiama gli studi dei professori di marketing all’università della Florida Janiszewski C. e Uy D., pubblicati su Psychological Science, che hanno confrontato, per 5 anni, i prezzi di listino e di vendita immobiliare nella contea di Alachua, in Florida.
[5] Consultazione sito apple.com/it effettuata il 20 gennaio 2021.
[6] Fonte: Trei L, Price Changes Way People Experience Wine, Stanford News Service, 16 gennaio 2008.
[7] Fonte: Più caro, più buono!, blog Neurovendita, neurovendita.net, 28 maggio 2018. Per lo studio sui vini si fa riferimento al lavoro di Rangel.
Fonti delle immagini utilizzate nella newsletter: apple.com, netflix.com.
Manuale di riferimento
NEUROMARKETING NEI SERVIZI. VENDERE DI PIÙ, VENDERE MEGLIO
A cura di: Roberto Pone | Francesco Gallucci | Fabio Fulvio| Caterina Garofalo
Editore: Confcommercio
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