Vendere durante il Covid? I consigli del neuromarketing (parte prima)
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l neuromarketing, combinando le competenze di diverse discipline – marketing, neuroscienze, psicologia comportamentale e design – rappresenta un utile alleato per chi si occupa di vendita, consentendo una più chiara individuazione della risposta emotiva e comportamentale dei clienti al dramma della pandemia, e delle conseguenti azioni che gli operatori possono mettere in campo per adattare l’offerta e la comunicazione. Anzitutto, come vedremo in questa newsletter, prima di due sul tema della vendita durante il Covid, rassicurando il cliente e contrastando, con piccole ma efficaci azioni, il rischio di una ridotta possibilità di connessione emotiva con la clientela per via del distanziamento e dell’uso delle mascherine.
Le reazioni emotive guidano il cambiamento
Un primo grande impatto della pandemia è certamente l’aver accresciuto il timore dei clienti nell’affrontare attività che implichino una certa vicinanza sociale, portandoli a preferire quegli operatori in grado di garantire, ai loro occhi, le migliori condizioni igienico-sanitarie e il rispetto delle regole di distanziamento (si veda Il negozio nella fase 2).
Nonostante esistano diverse modalità di reagire al trauma della pandemia, che permettono di delineare altrettante tipologie di acquirenti (ad esempio più o meno preoccupati, reattivi o rassegnati, ecc.), l’elemento comune che crediamo valga la pena sottolineare, per avere un’idea generale di cosa stia capitando nei clienti che affrontano questo “nuovo” mondo, chiama in causa la potente amigdala.
Si tratta della nostra area cerebrale della paura, un vero e proprio interruttore della mente e che ha un impatto fortissimo suoi comportamenti.
Conseguentemente la strategia da mettere in campo, con azioni più o meno marcate a seconda dell’attività svolta (diverso è infatti il tema per un ristorante rispetto a un negozio di scarpe o all’attività di un singolo professionista), punta a rassicurare il cliente che deve immediatamente percepire come viene svolto il lavoro per garantire la sicurezza degli ambienti, del personale e, soprattutto, la sua.
Il cliente va rassicurato
In questa direzione il neuromarketing può rappresentare un prezioso alleato grazie alla possibilità, con piccoli accorgimenti, spesso a costo zero, di rendere più visibile e chiara la comunicazione e più istintivi, e quindi automatici, i comportamenti desiderati.
Anzitutto ricordiamo l’esistenza di un automatismo che la nostra mente adotta nelle sue valutazioni, cosiddetto effetto primacy, per cui l’impatto iniziale influenza profondamente la valutazione della qualità di un’esperienza. Prima impressione che il nostro cervello è rapidissimo a formulare, parliamo di pochi istanti, e che invece siamo lenti a modificare (se non addirittura incapaci).
Pertanto, ciò a cui il cliente è inizialmente esposto, online come offline, assume un ruolo fondamentale nel favorire la percezione di un servizio in grado di garantire sicurezza igienico sanitaria, e quindi permettere un’esperienza di acquisto serena, con importanti impatti pertanto sulla possibilità che il servizio venga scelto.
L’utilizzo sempre della mascherina, ben indossata, da parte di tutto il personale, anche di quello nell’area esterna, il primo ad essere visto (si pensi a bar e ristoranti), così come la presenza di informazioni sulle precauzioni adottate, e regole da seguire per ridurre il rischio di contagi sono allora, a prescindere dalle misure obbligatorie, azioni utilissime per tranquillizzare il cliente e stimolare la scelta del servizio.
Esiste anche un principio, prende il nome di illusione di focalizzazione, che porta il cliente ad attribuire particolare rilevanza a ciò su cui viene focalizzata l’attenzione, in questo caso le norme da rispettare e rispettate per la sicurezza del servizio offerto.
Avere in questi mesi una maniacale attenzione alla sicurezza igienico sanitaria, e, ugualmente importante, farla vedere e percepire chiaramente, può pertanto essere un importante elemento di differenziazione. E così alcuni non si limitano alla costante igienizzazione ma lo fanno davanti al cliente con il doppio beneficio, da un lato di tranquillizzarlo e dall’altro di stimolare il personale, sotto lo sguardo attento del cliente, a prestarvi maggiore cura.
Le regole da rispettare per prevenire i contagi sono oramai abbastanza note ma, nel posizionamento dei messaggi, nella comunicazione nello spazio fisico o sul web, sia essa scritta o a voce, ricordate l’importanza della fluidità cognitiva – attribuiamo maggior fiducia a ciò che è semplice da comprendere – e anche in questo caso, può bastare qualche piccola accortezza nella grafica, nelle parole o nel posizionamento dei messaggi per renderli più efficaci.
Comunicare già online la capacità, grazie alle procedure di sanificazione e distanziamento adottate, di garantire una maggiore sicurezza, è aspetto utile per molti operatori, come nel caso degli alberghi. Questi potrebbero sfruttare il canale online, il primo ad essere visto da un potenziale cliente, anche per dare subito evidenza alle nuove e più ampie opzioni di flessibilità che la struttura potrebbe aver attivato per venire incontro a una clientela in difficoltà, riducendo così l’impatto di un importante freno alla scelta di prenotare, almeno finché permane una situazione di incertezza sull’andamento dei contagi.
Lo strumento digitale consente poi di facilitare la prenotazione, un servizio già utilissimo prima dell’emergenza sanitaria, ma oggi ancor di più permettendo, nel caso di molti servizi, di ridurre il numero di clienti in attesa, e quindi il rischio di un contatto prolungato tra estranei, e altresì garantire al cliente la certezza di un servizio dedicato. Per alcuni un crescente utilizzo di sistemi di prenotazione potrebbe anche portare a un ripensamento dello spazio, pensiamo al caso di un parrucchiere, ad esempio riducendo quello dedicato all’attesa, avendo meno clienti in fila, a vantaggio di un ampliamento dell’area di lavoro.
Per aumentare la fiducia in quanto proposto è poi possibile inserire immagini che testimonino la partecipazione a programmi di certificazione, a garanzia del pieno rispetto di tutte le procedure di prevenzione del contagio, agendo così positivamente sia sulla credibilità cosiddetta superficiale, le prime impressioni del cliente in visita, che quella di reputazione, la fiducia ottenuta grazie al sostegno di terze parti. In tal modo si sfrutta la forza del principio di riprova sociale – la testimonianza di altri agisce come guida per la scelta – e quella del principio di autorità – tendiamo, in una situazione di incertezza, a seguire i suggerimenti di chi appare come autorevole.
In definitiva, la premura che i clienti osserveranno nei confronti della loro salute, aumenterà la stima nei confronti di chi offre il servizio, anche grazie al cosiddetto principio del piacere, che ci spinge a favorire (e fare affari con) persone che ci piacciono.
Attenzione però a non cadere nell’errore di far sembrare un ospedale lo spazio di vendita, ma andrà ricercato il giusto equilibrio tra la capacità di comunicare adeguatamente la sicurezza dei servizi offerti, elemento in questa fase indispensabile per avere clienti, e quella di trovare modi che rendano comunque gratificante la visita.
Il rischio di una minore connessione emotiva
È pertanto necessario divenire molto più bravi a comunicare anche in considerazione di come il rispetto delle necessarie precauzioni per la riduzione dei contagi, in primis l’uso della mascherina che nasconde alla vista gran parte dei micromovimenti facciali, o l’aver messo da parte alcune azioni fino a poco fa del tutto normali nell’interazione con gli altri, come stringersi la mano, incidano in maniera negativa sulla capacità di generare empatia tra le persone e, di conseguenza, sulla piacevolezza della visita e probabilità di acquisto.
Si pensi, infatti, a come il nostro cervello sia abilissimo nel cogliere, a livello inconscio, le emozioni che emergono dalle migliaia di espressioni e micro-espressioni del volto; lo studioso Paul Ekman ne ha rilevate circa 8.000 e, alcune di queste, sono visibili solo per un venticinquesimo di secondo. Proprio questa capacità di lettura del volto, un’attività che sviluppiamo fin dalla nascita, e normalmente utilizzabile dai bravi venditori a fini persuasivi, anzitutto sorridendo nell’interagire con un potenziale cliente, è oggi preclusa dall’uso delle mascherine.
Così come vien meno la possibilità di beneficiare di una buona stretta di mano, generalmente due per ogni incontro, azioni importanti nella costruzione di un legame in quanto rilasciano segnali chimici sociali e, oltretutto, avvengono in momenti fondamentali per la costruzione dell’esperienza del cliente, l’inizio e la fine di un incontro.
Si tratta solo di due esempi di una generale centralità della componente non verbale nella comunicazione – espressioni e movimenti del corpo incidono infatti per il 55% nel determinare l’impatto della comunicazione di persona, le parole solo per il 7% – ma oggi, questa componente non verbale, risulta drasticamente ridotta nelle possibilità di utilizzo dalle regole di distanziamento e protezione individuale.
Anche in questo caso però i suggerimenti del neuromarketing sono utilissimi per ripensare la comunicazione, e compensare il rischio di una minore capacità di connessione emotiva, sia che si comunichi di persona che tramite un testo scritto, con immagini, le scelte di allestimento o l’atmosfera complessiva degli spazi in cui si svolge l’interazione, offline come online.
E ancora una volta, molto può essere fatto con poco. Si pensi alla profumazione dell’ambiente che fa leva sul principio dell’appello sensoriale – siamo maggiormente coinvolti e pronti a richiamare ciò che fa appello a più sensi. E se da un lato la profumazione crea un’atmosfera più piacevole a tutto vantaggio della vendita – l’olfatto è infatti uno dei sensi più potenti per la sua capacità di comunicare in maniera immediata con il cervello – dall’altro una fragranza che richiami pulizia e igiene otterrebbe anche il beneficio di una percezione di maggiore sicurezza.
In tale direzione anche l’uso, nella comunicazione, di riferimenti a elementi della tradizione, alla natura, alla famiglia e alla comunità di appartenenza, può contribuire a una percezione di maggiore sicurezza e solidità della proposta.
Alcuni operatori, in risposta al rischio di perdere capacità di connessione con la clientela per via di un volto in parte coperto dai dispositivi di protezione, provano a rimediare con mascherine cosiddette “per lettura labiale” che, grazie a un materiale plastico trasparente, lasciano visibile il movimento delle labbra. O mascherine personalizzate, in sostituzione o in aggiunta a quelle chirurgiche, più piacevoli alla vista e con possibilità di essere decorate con messaggi di benvenuto, come avviene nei locali di Eataly in cui frasi del tipo “Qui dietro c’è un sorriso” o “Ti sorrido con gli occhi” provano a trasferire il calore di questo gesto, seppur celato, in quanto base per una buona accoglienza.
Manuale di riferimento
NEUROMARKETING NEI SERVIZI. VENDERE DI PIÙ, VENDERE MEGLIO
A cura di: Roberto Pone | Francesco Gallucci | Fabio Fulvio| Caterina Garofalo
Editore: Confcommercio
Esiste una nuova frontiera delle vendite, che punta a indirizzare il cliente non aumentando la pressione sullo stesso, ma agendo sulla rimozione delle barriere che frenano la scelta. E quindi, grazie alla cura di piccoli ma importanti aspetti della relazione con il cliente, che agiscono come veri e propri acceleratori della decisione, è possibile arrivare alla vendita con meno sforzo, e non più.
A due anni dalla pubblicazione del Neuromarketing nel negozio, la Collana Le Bussole si arricchisce di un più ampio approfondimento sul tema, che guarda all’universo dei servizi (dall’ospitalità alla ristorazione e all’attività dei bar, dall’intermediazione immobiliare e di viaggio alle professioni) e, grazie ai tanti aneddoti e suggerimenti pratici, rappresenta un’indispensabile lettura per tutti gli operatori, imprenditori e professionisti, che vogliano essere più persuasivi nella vendita.
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