L’assegnazione delle strategie di marketing alle categorie (7/8)
di Karin Zaghi
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L’identità, il posizionamento competitivo (e, più in generale) il valore e il successo di un negozio sono fortemente determinati dall’assortimento (voi siete quello che vendete) e, soprattutto, da come questo viene gestito, spiegato, raccontato, esposto, comunicato (come lo vendete).
In questo settimo articolo sul Category Management identificheremo 5 possibili strategie per ogni categoria; detto in altro modo, il motivo per cui le tenete in assortimento. C’è la categoria (o prodotto, o singola marca) che genera traffico nel punto vendita, quella che genera margine e/o cassa, quella che entusiasma e soddisfa i clienti, ecc.
Le 5 strategie di marketing
L’assegnazione della strategia permette di “dare esecuzione” alle fasi di determinazione del ruolo della categoria e alla realizzazione di scorecard attraverso un uso efficiente e creativo delle risorse.
In altri termini, il category management fornisce una base logica per l’allocazione delle risorse e per la determinazione delle priorità in funzione delle strategie di marketing per quanto riguarda sia il distributore sia il cliente e la categoria.
In specie, in funzione degli obiettivi di categoria, si possono identificare ben cinque differenti strategie di marketing: traffico, transazione, marginalità, cassa, entusiasmo.
La strategia di traffico si pone l’obiettivo di attrarre il maggior numero di clienti nel punto vendita. È adatta a prodotti con una forte incidenza sulla spesa delle famiglie e sulle vendite, così come a prodotti con un alto livello di programmazione e di elevata frequenza di acquisto. Un primo indicatore di risultato è il numero degli scontrini.
La strategia di transazione si propone di aumentare il valore della spesa con acquisti non programmati e lo spostamento su prodotti a maggior prezzo unitario. È più frequentemente adottata per prodotti con un’incidenza significativa sullo scontrino e/o anche con un prezzo relativamente elevato, insieme a prodotti con un’alta rotazione nei fuori banco e di norma soggetti ad acquisti di impulso. Un primo indicatore di risultato è il valore dello scontrino medio.
La strategia di marginalità è volta ad aumentare il margine complessivo (lordo, netto o di contribuzione) di punto vendita. È adatta a prodotti che incrementano il valore dello scontrino con più elevati margini o tassi di rotazione, così come a prodotti con un alto profitto delle referenze correlate e bassi costi di gestione. Un primo indicatore di performance è il margine assoluto della categoria.
La strategia di cassa persegue l’obiettivo di aumentare il fatturato e la liquidità generata dalle vendite di prodotti con un’elevata rotazione e ad alta frequenza di acquisto. Validi indicatori di performance sono la rotazione e i prezzi unitari.
La strategia di entusiasmo si pone l’obiettivo di rendere piacevole e stimolante il processo di acquisto per tipologie di prodotti caratterizzate da un preciso orientamento a uno stile di vita. Un modo per misurarne l’efficacia è quello di condurre delle analisi quali-quantitative sul cliente volte a valutarne il grado di soddisfazione rispetto a molteplici aspetti della visita.
Lo stabilire un obiettivo strategico permette di determinare la “direzione” degli interventi specifici a livello di piani di categoria, ossia le priorità sulla base delle opportunità di mercato e da qui il livello degli investimenti di risorse da dedicare. A ben vedere si tratta di obiettivi che più che alle macro-categorie possono essere assegnati alle categorie merceologiche e a maggior ragione alle sotto-categorie, fino ad arrivare in alcuni casi anche alle singole marche e referenze.
L’attribuzione degli obiettivi strategici è equiparabile alla definizione di specifici compiti. Questa diviene una premessa necessaria per stabilire gli obiettivi di performance e predisporre i relativi piani operativi. L’approntamento di piani di marketing differenziati per categoria merceologica è il primo passo per diffondere l’imprenditorialità e raggiungere così una maggiore efficienza ed efficacia sia nell’impiego delle risorse aziendali, sia nella gestione dei rapporti di fornitura.
In altri termini, non basta l’individuazione di strategie di marketing da assegnare alle categorie, ma è necessario considerare l’influenza che ciascuna di esse esercita rispetto all’offerta commerciale nel suo complesso, evitando di focalizzare l’attenzione solo sulla capacità della categoria di sviluppare fatturato.
A ogni ruolo corrispondono strategie che attraversano l’interno sistema del distributore, di cui alcune meglio vi si adattano. Per esempio, se una categoria destinazione necessita di strategie che impattano sull’intero sistema (approvvigionamenti, logistica, marketing, servizi) una categoria stagionale/occasionale dovrebbe focalizzarsi principalmente su strategie di approvvigionamento e di marketing.
Va da sé che la strategia della categoria è specifica per distributore, per forma distributiva, per cluster di punti vendita e può essere, in alcuni casi, propria del singolo punto vendita.
L’analisi del consumatore a supporto della definizione delle strategie di marketing
L’esistenza di un accordo generalizzato su quali siano le strategie di marketing da assegnare alle categorie e su quali siano gli indicatori che ne mettano in luce le predisposizioni, aumenta il rischio che tutti i concorrenti operino le stesse scelte.
Se da un lato l’aver individuato delle strategie differenti per ciascuna categoria rappresenta un valido passo avanti verso la razionalizzazione della gestione e verso un approccio analitico e strutturato del processo, dall’altro, se tutti i distributori assegnano, sulla base di indicatori e analisi di mercato, gli stessi obiettivi strategici alle stesse categorie tenderà a verificarsi una sostanziale omologazione di offerta tra le diverse insegne concorrenti.
Tra i motivi che generano questa situazione di forte omogeneità tra le proposte d’offerta delle insegne e dei formati, oltre a quelli già citati, si possono aggiungere per quanto riguarda la situazione italiana l’ancora scarso orientamento alla segmentazione del mercato.
In altri termini non sono ancora maturate le condizioni di concorrenza tali da spingere le insegne a ricercare l’eccellenza nella proposta a specifici target di consumatori. Il risultato è una forma di mediazione che produce di fatto una gestione e un’offerta indifferenziata tra categorie, insegne e formati.
Per queste ragioni è necessario sottolineare che la strategia della categoria deve essere chiara, univoca e il più possibile specifica per distributore e per forma distributiva e può esserlo finanche per singolo punto vendita, in alcuni casi.
Con tutto ciò non si vuole certo negare l’importanza di interventi di razionalizzazione dell’offerta rispetto a obiettivi di mercato in grado di generare risultati economici rilevanti nel breve periodo. Il raggiungimento di risultati di natura economica consente, infatti, di generare risorse che, se investite nelle attività di analisi e gestione della politica commerciale, alimentano un ciclo virtuoso con i risultati competitivi.
A tale proposito è bene porre l’attenzione sul contributo fondamentale che l’analisi del consumatore fornisce allo sviluppo del processo di category management.
Alcune tipologie di analisi sono già state evidenziate nella fase di valutazione delle categorie. A esse si aggiungono alcune aree d’indagine che si pongono a cavallo tra la fase di assegnazione degli obiettivi di marketing e quella successiva di definizione delle leve di retailing mix.
Tra queste assumono particolare rilevanza, da un lato, l’analisi delle informazioni possedute e richieste dal cliente, dall’altro, l’analisi della ricerca di varietà nella categoria da parte dello stesso.
Il primo aspetto è fortemente correlato alla già citata dimensione della centralità della categoria e, di conseguenza, agli aspetti di comportamento di acquisto che ne derivano. La varietà ricercata assume, invece, una dimensione che si colloca in posizione intermedia rispetto alla capacità di spiegare comportamenti di acquisto e consumo. Entrambe le analisi contribuiscono alla definizione dei criteri decisionali d’acquisto dei prodotti e, quindi, all’individuazione della propensione delle diverse categorie a raggiungere determinati obiettivi di marketing.
Fonti per le immagini: JuliusKielaitis da shutterstock.com
Manuale di riferimento
IL NEGOZIO NELL’ERA DI INTERNET – 2A EDIZIONE
A cura di:
Editore: Confcommercio
Internet sta modificando profondamente il contesto competitivo del commercio al dettaglio, esattamente come succede in tanti altri settori.
Sempre più consumatori comprano online, soprattutto i giovani, a volte anche dopo aver provato i prodotti in negozio.
L’utilizzo di internet in mobilità, inoltre, anche e soprattutto all’interno dei negozi, rappresenta una rivoluzione nella rivoluzione, tanto che alcuni immaginano un futuro dove tutti gli acquisti saranno fatti online, e pochi grandi negozi faranno da showroom per i giganti dell’online.
Confcommercio è, invece, tra coloro che credono che i negozi fisici hanno ancora un futuro.
Certo, dovranno inserirsi intelligentemente in questi mutamenti senza esserne travolti, anche imparando ad utilizzare le nuove tecnologie e le loro regole ma, soprattutto, sfruttando e potenziando alcune caratteristiche distintive che nessun player online potrà mai copiare, perché un negozio è lì, sulla strada, gestito da persone in carne ed ossa che vivono nella stessa comunità, sullo stesso territorio del cliente.
Comprare in un negozio di qualità è decisamente un’esperienza appagante, e una città senza negozi, gestiti da persone competenti e appassionate, sarebbe una enorme perdita in termini sociali e di qualità della vita.
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