Il piano di marketing nel processo di Category Management (8/8)

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Illustrazione Marketing Mix

L’identità, il posizionamento competitivo (e, più in generale) il valore e il successo di un negozio sono fortemente determinati dall’assortimento (voi siete quello che vendete) e, soprattutto, da come questo viene gestito, spiegato, raccontato, esposto, comunicato (come lo vendete).

In questo ottavo e ultimo articolo sul Category Management approfondiamo le variabili del marketing mix da applicare alle singole referenze: prezzo, promozioni, servizi, VM, layout…

Una volta definiti gli obiettivi sottostanti le strategie, con il piano di marketing delle categorie si individua il mix delle leve di marketing operativo da attivare. In questo caso, il campo di analisi raggiunge la singola referenza per poter derivare le linee guida per le scelte tattiche.

Data la natura distributiva del Category management, esse corrispondono in buona sostanza al retailing mix: assortimento, prezzo, promozioni, servizi e visual merchandising, soprattutto nella sua dimensione più operativa (display e space allocation).

Assortimento

 

Si tratta di definire l’insieme delle referenze che meglio soddisfano i bisogni e le aspettative dei clienti target, in relazione al ruolo e agli obiettivi definiti nelle fasi precedenti.

Le variabili descrittive per questa azione tattica sono:

  • copertura (percentuale di vendite coperte rispetto all’assortimento iniziale)
  • ampiezza (numero di marche)
  • profondità (numero di referenze per marca)
  • numerosità totale (numero totale di referenze)

Al di là del ruolo strategico e degli obiettivi assegnati alle categorie, come già ribadito negli articoli precedenti, le scelte assortimentali dipendono da una molteplicità di fattori che non si può non considerare, quali: i criteri decisionali del cliente, la copertura della domanda, la concentrazione delle vendite per referenza, i localismi, la marginalità e i vincoli derivanti dallo spazio fisico.

Prezzo

Il piano di marketing deve assegnare un valore per ciascuna referenza in relazione al target, al ruolo e alla strategia.

A livello di categoria e sub-categoria, le variabili descrittive considerano il contesto di mercato per stabilirne il posizionamento rispetto ai principali concorrenti diretti:

  • prezzo alto (sopra la media rispetto al benchmark di riferimento),
  • prezzo nella media (allineato ai concorrenti diretti)
  • prezzo basso (sotto il benchmark di riferimento).

I principali fattori determinanti le scelte di prezzo sono: il volume delle vendite, i costi (variabili e fissi), il margine, la concorrenza e l’elasticità della domanda alle variazioni di prezzo.

Promozioni

 

Il piano di marketing deve definire l’insieme di azioni specifiche aventi lo scopo di influenzare la decisione di acquisto del cliente grazie a prezzi più convenienti.

Le variabili descrittive per questa azione tattica distinguono tra:

  • promozione aggressiva (utilizzo significativo del taglio prezzo, comunicazione spinta ed eventi a tema)
  • promozione competitiva (utilizzo di promo in linea con il contesto di riferimento ovvero con il mercato e i principali concorrenti)
  • promozione limitata (scarso uso della leva promozionale)

Di norma, il grado di libertà delle scelte promozionali è alquanto limitato: oltre ai ruoli strategici e ai connessi obiettivi di marketing, le attività sono strettamente vincolate dal rispetto delle linee guida di pianificazione promozionale dell’anno in corso e in molti casi anche dell’anno precedente di cui ereditano parte delle iniziative ancora in essere.

Servizi alla vendita

 

Sono le azioni che puntano alla facilitazione e al supporto del processo di acquisto nel punto vendita in modo continuativo nel tempo.

Le variabili descrittive per questa azione tattica vanno a distinguere tra:

  • servizi intensivi (utilizzo significativo del materiale informativo, di esperti di categoria e di attività di prova del prodotto; offerta elevata in termini di durata e frequenza, ampiezza, visibilità, attrattività);
  • servizi allineati (presenti e paragonabili ai principali concorrenti);
  • servizi ridotti (inferiori rispetto ai concorrenti).

Naturalmente, anche in questo caso, i fattori determinanti delle scelte di retailing mix in termini di servizi dipendono dall’assegnazione dei ruoli e dagli obiettivi di marketing di categoria.

Visual merchandising

 

Si tratta di definire l’attivazione delle leve di comunicazione nel punto vendita con lo scopo di individuare la categoria nell’universo dell’offerta, facilitarne la lettura, informare il cliente, attrarre l’attenzione, agevolare e stimolare l’acquisto.

Le variabili descrittive sono:

  • il layout in termini di disposizione appropriata delle attrezzature espositive e di sequenza dei reparti;
  • il display a scaffale e fuori scaffale in termini di posizione della categoria e posizionamento a scaffale di linee, marche e referenze (posizione primaria, secondaria, marginale, posizione determinata da vincoli logistici come ingombro, peso, rotazione).
  • la comunicazione a punto vendita (completezza, diffusione).

Oltre ai ruoli e agli obiettivi di marketing, nel determinare le scelte di visual merchandising, i fattori determinanti sono: le linee guida del formato distributivo, le attrezzature espositive, le tecniche espositive, le modalità per l’individuazione delle categorie nel punto vendita e a scaffale, così come le stesse caratteristiche della categoria, insieme ai vincoli strutturali e organizzativi.

In conclusione, il piano di marketing stabilisce quale o quali leve del retailing mix azionare per ottenere la migliore risposta della clientela. In questo senso, è senza alcun dubbio una delle fasi più libere del processo, nel senso che gli approcci utilizzati possono essere i più vari anche in dipendenza della categoria di prodotto e del fatto che il suo acquisto risponde a motivazioni di origine positiva (per piacere) piuttosto che negativa (per bisogno).

Come già più volte evidenziato, in un contesto ipercompetitivo qual è quello distributivo, in cui si incrementano le alternative di scelta per il cliente e aumenta per i punti vendita la necessità di differenziarsi, la composizione dell’assortimento non riveste un ruolo strategico solo nella determinazione della macrostruttura dell’offerta per categorie, o nella definizione del posizionamento competitivo del punto vendita rispetto ai concorrenti diretti, ma anche per la sua capacità di soddisfare i bisogni legati ai prodotti e, di conseguenza, nella costruzione dell’immagine del punto vendita. Le tipologie di prodotto in assortimento e l’immagine delle marche offerte influiscono, infatti, in modo significativo su quest’ultima. In tal senso, è più che dimostrato da tempo che a un punto vendita può essere associata una pluralità di immagini, in funzione delle singole categorie prese in considerazione e che tali associazioni producono effetti differenti sui risultati post-acquisto, quali la soddisfazione, l’intenzione di riacquisto e la volontà di raccomandare non solo il prodotto, ma l’intero punto vendita.

In estrema sintesi, l’adozione di un modello di progettazione e gestione dell’assortimento in un’ottica fondata sul cliente costituisce un’opportunità per investire nella relazione con il proprio mercato obiettivo, per innovare l’offerta commerciale e per caratterizzare il proprio posizionamento. Questo è diventato ancora più rilevante in un contesto in cui il cliente premia il migliore value for money, mentre punisce un’offerta connotata anche solo parzialmente da superfluità.

La progettazione dell’offerta e l’allineamento costante dell’assortimento con i bisogni del cliente sono diventati processi strategici fondamentali ai fini della performance del distributore.

Pertanto, la costruzione di un albero delle categorie basato sui benefici attesi che superi, almeno in prima istanza, il criterio merceologico consente di definire dei pacchetti di valore per il cliente. Ricostruire l’offerta partendo dai bisogni del cliente e articolarla sui benefici ricercati da questi nello svolgimento dei processi di consumo facilita l’apprendimento e la scelta dell’acquirente, accresce la sua soddisfazione in merito al servizio reso e, in ultima istanza, rinforza la relazione che lo lega al punto vendita.

In estrema sintesi, l’orientamento al mercato su cui si fonda il processo di Category Management rappresenta una fonte di innovazione determinante per la differenziazione della proposta commerciale. Il punto vendita, infatti, può evitare l’appiattimento dell’offerta facendo leva su modalità innovative d’interpretazione dei bisogni e sull’eterogeneità dei benefici ricercati con l’obiettivo ultimo di creare nuovo valore per i clienti.

Fonti per le immagini: shutterstock.com

Manuale di riferimento

COLLANA LE BUSSOLE

IL NEGOZIO NELL’ERA DI INTERNET – 2A EDIZIONE

Internet sta modificando profondamente il contesto competitivo del commercio al dettaglio, esattamente come succede in tanti altri settori.

Sempre più consumatori comprano online, soprattutto i giovani, a volte anche dopo aver provato i prodotti in negozio.

L’utilizzo di internet in mobilità, inoltre, anche e soprattutto all’interno dei negozi, rappresenta una rivoluzione nella rivoluzione, tanto che alcuni immaginano un futuro dove tutti gli acquisti saranno fatti online, e pochi grandi negozi faranno da showroom per i giganti dell’online.

Confcommercio è, invece, tra coloro che credono che i negozi fisici hanno ancora un futuro.

Certo, dovranno inserirsi intelligentemente in questi mutamenti senza esserne travolti, anche imparando ad utilizzare le nuove tecnologie e le loro regole ma, soprattutto, sfruttando e potenziando alcune caratteristiche distintive che nessun player online potrà mai copiare, perché un negozio è lì, sulla strada, gestito da persone in carne ed ossa che vivono nella stessa comunità, sullo stesso territorio del cliente.

Comprare in un negozio di qualità è decisamente un’esperienza appagante, e una città senza negozi, gestiti da persone competenti e appassionate, sarebbe una enorme perdita in termini sociali e di qualità della vita.

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