Come calcolare il punto di pareggio della tua attività

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Illustrazione Punto di Pareggio

Il punto di pareggio, o break even point è un concetto essenziale per qualunque attività imprenditoriale, soprattutto per valutarne la fattibilità quando si fa un Business Plan.

Rappresenta il volume di vendita minimo per mantenere l’attività in pareggio, ovvero il volume di vendita che permette di coprire tutti i costi dell’impresa (fissi e variabili) e, concettualmente, non è complicato da calcolare, come scopriremo in questo articolo.

Tuttavia, il mondo reale è più complicato, e sono, quindi, necessarie alcune accortezze derivanti dalla profonda conoscenza del business dell’impresa per imparare a calcolarlo bene e, soprattutto, per utilizzarlo in una logica di sviluppo.

Il punto di pareggio, chiamato anche break even point, rappresenta il volume di vendita (quantità di prodotti venduti ad un determinato prezzo) che è necessario realizzare per condurre l’attività ‘in pareggio’, quindi senza né guadagnare né perdere. L’analisi del punto di pareggio permette di determinare l’istante in cui si comincia a lavorare ‘con il sorriso’, poiché tutto ciò che si vende da quel volume di vendita in avanti porta un guadagno.

Quel volume di vendita legato al punto di pareggio rappresenta, quindi, un obiettivo minimo da raggiungere per l’impresa, una ‘barra’ oltre la quale la gestione diventa profittevole, avendo coperto i costi aziendali. E’, ovviamente, un elemento fondamentale di ogni Business Plan.

Punto di pareggio: gli elementi da cui partire

Per determinare il punto di pareggio è necessario conoscere:

  • i costi fissi legati alla gestione dell’impresa;
  • i costi variabili legati alla vendita dei prodotti/servizi;
  • i ricavi unitari di vendita dei prodotti/servizi.

I costi fissi sono costi che l’impresa deve sostenere indipendentemente dai volumi di vendita. L’esempio tipico di costo fisso è rappresentato dall’affitto del negozio/locale o di un magazzino di stoccaggio, che va pagato sia che vendiamo 10 unità di prodotto, sia che ne vendiamo 100.

Immaginiamo di gestire un pub-birreria in una piccola città di provincia, con un affitto annuo in una bella zona (la location è fondamentale) intorno a €150/mq, quindi €21mila l’anno per 140mq, e di avere 2 persone per gestirla al costo annuo di €30mila ciascuna, con spese per utenze e servizi pari a €40mila/anno. I costi fissi del nostro locale saranno €121mila/anno (linea rossa orizzontale nella figura 1).

I costi variabili sono, invece, quei costi che variano in relazione alle quantità di prodotti venduti. L’esempio tipico di costo variabile è rappresentato dall’acquisto del prodotto da rivendere per un negozio, dalle materie prime per la preparazione di un piatto in un ristorante, ecc.

I costi variabili graficamente si presentano come una retta con pendenza pari al costo variabile unitario, che indica una crescita dei costi variabili totali proporzionale all’aumentare dei volumi di vendita; più maglioni vendo in un negozio e più ne devo aver comprati (o, se li produco io, più lana devo aver comprato e più lavoro di sartoria devo aver pagato). Torneremo sul tema del lavoro da considerare nel costo di produzione tra poco.

Per semplicità, immaginiamo di vendere solo birre nel nostro pub-birreria, con un costo di acquisto (per noi) di €2,5 a singola birra. I costi variabili totali del nostro locale saranno, quindi, rappresentati dalla linea gialla della figura 1: a 10mila birre vendute avrò un costo di €25mila, a 20mila birre vendute di €50mila, e così via.

Tabella grafico aggiornata

I costi totali sono dati dalla somma dei costi fissi e dei costi variabili. Rappresentano tutti i costi che è necessario sostenere per tenere in vita l’azienda. Come mostra la figura 2, la curva dei costi totali (o retta, in questo caso, di colore arancione) parte sull’asse delle ordinate dallo stesso valore in cui parte la retta dei costi fissi e cresce all’aumentare dei volumi di vendita, con la stessa inclinazione della curva dei costi variabili.

Nel caso del nostro pub-birreria, a 10mila birre vendute avrò un costo totale di €146mila (pari a 121mila di costi fissi e €25mila di costi variabili), a 20mila birre vendute di €171mila, e così via.

La retta dei ricavi (linea blu in figura 2) cresce in modo direttamente proporzionale al volume di vendite realizzato, e la sua pendenza è pari al prezzo unitario. La retta dei ricavi cresce con inclinazione maggiore rispetto alla curva dei costi totali, perché il prezzo unitario di vendita di un prodotto o servizio deve essere maggiore del costo variabile unitario (o marginale) del prodotto o servizio venduto. Ciò fa si che se il volume di vendite è sufficientemente ampio, (naturalmente, se sappiamo “prezzare” adeguatamente i prodotti che vendiamo) le due linee ad un certo punto andranno ad incontrarsi.

Nel caso del nostro pub-birreria, immaginiamo di vendere ogni singola birra a €7, con un margine unitario sulla vendita di ciascuna birra, quindi, del 65%.

Ricordiamo come si calcola il margine sulla vendita di un prodotto:

Illustrazione operazione matematica 1

Come si calcola il punto di pareggio

Graficamente, il punto di pareggio si ottiene dall’intersezione della linea dei costi aziendali totali (costi fissi e variabili) con la linea dei ricavi. Il valore sull’asse orizzontale dei volumi di vendita che coincide con l’intersezione tra le due linee è il volume di prodotti venduti che consente di ottenere il pareggio, cioè che realizza il pareggio tra ricavi e costi totali. Ogni vendita fatta dopo questo punto dell’asse delle ascisse (o orizzontale) realizza un profitto, avendo i ricavi già assorbito i costi fissi totali.

Nel caso del nostro pub-birreria, il volume di birre da vendere per andare a pareggio è tra 25mila e 30mila birre l’anno, come si vede dal grafico.

Illustrazione Grafico 3

Per ottenere il valore preciso, la formula è:

Illustrazione operazione matematica 2

In soldoni, infatti, se per ogni birra venduta guadagno €4,5, ne devo vendere ca. 27mila per coprire i 121mila euro di costi fissi, cioè 93 al giorno, considerando 290 giorni utili di apertura del locale.

Ragionare in termini di pezzi venduti al giorno aiuta a capire se l’iniziativa è sostenibile o meno. Ad esempio, quasi 100 birre ogni giorno per un locale in una cittadina di provincia potrebbero essere difficili da vendere, per cui potrebbe essere utile fare delle simulazioni, come le seguenti:

  • E se alzo il prezzo di vendita (e quindi il margine unitario)? Dovrebbero bastare meno birre per andare a pareggio, ma forse troverò meno clienti disposti a pagare €10 per una birra.
  • E se vendo anche dei piatti (hamburger, patatine, olive…) insieme alle birre? Sicuramente è una buona idea, ma adesso come calcolo il costo variabile e il prezzo unitario del mix di prodotti acquistato? E la cucina + il cuoco non mi fanno crescere i costi fissi?
  • E se riduco gli spazi e le persone, e quindi i costi fissi? Ma riuscirò a vendere 50 birre a sera in una stanza di 10mq?

Foto di birra alla spina

Elementi di attenzione nel calcolare il punto di pareggio

Fino ad ora abbiamo immaginato un’attività commerciale molto semplificata, con un unico prodotto (la birra) e con costi classificati molto semplicemente. La metodologia ci ha fornito una risposta sicuramente utile ma, se vogliamo andare oltre, dobbiamo accettare qualche complicazione, che illustreremo nei paragrafi seguenti.

Quanto sono fissi i costi fissi?

I costi fissi non variano al variare della quantità venduta, però questo è vero solamente entro certi limiti.

Infatti, se la domanda dei beni e servizi cresce e l’impresa si trova a dover aumentare la propria capacità produttiva, ad esempio affittando un altro capannone, perché quello di cui si dispone non è più sufficiente, i costi fissi aumentano.

Potremmo pertanto rappresentare i costi fissi con un tipico andamento a scala. La figura 3 ci aiuta a capire che ad ogni livello di costo sostenuto (che per esempio possiamo esprimere in: mq affittati se parliamo di capannone o punto vendita, numero di impianti o attrezzature disponibili, numero di addetti impiegati per singolo reparto di produzione, ecc.) corrisponde un livello di produzione o numero massimo di prodotti che è possibile vendere, oltre il quale è necessario sostenere costi aggiuntivi.

Illustrazione grafico a scala

Se i volumi prodotti superano il limite di produzione di una macchina, ne dovrò comprare un’altra (passando dal punto B al punto C), e la stessa cosa vale nei servizi. Un cameriere riesce a gestire 4 tavoli e relativi coperti; per aumentare il numero di tavoli e di coperti venduti dovrò inserire in organico un secondo cameriere e, se voglio aumentare ancora i coperti, dovrò inserirne un terzo (passando dal punto D al punto E), e la stessa cosa avverrebbe nel nostro pub: se voglio servire 200 birre a sera avrò bisogno di spine aggiuntive e di una persona in più.

Ecco perché la crescita dei costi fissi è a forma di scala: ogni “scatto” o gradino rappresenta una unità di costo aggiuntivo. Non posso avere un cameriere e mezzo; da un cameriere si passa a due camerieri e da due a tre, e ciascuno ha un costo indipendente (fisso) rispetto ai coperti che riesce a gestire.

Foto di camerieri

Qual è il margine unitario di un mix di prodotti diversi?

Se vendo più prodotti devo conoscere:

  • Il prezzo di ciascuno (facile). Il prezzo dell’hamburger, delle patatine e delle olive lo scelgo io, sulla base del costo e di quello che fanno i concorrenti.
  • Il costo variabile di ciascuno (facile se pensiamo al costo di acquisto; più complicato, come vedremo nel prossimo paragrafo, se dobbiamo attribuire a ciascuna categoria di prodotto altri tipi di costi). Il costo della lavastoviglie è uguale per ogni piatto? E’ giusto considerare il cuoco un costo fisso o andrebbe “allocato” sui diversi piatti, più sull’hamburger che sulle olive, per intenderci?
  • Le combinazioni di prodotti acquistate dai clienti (esponenzialmente più complicato all’aumentare delle categorie di prodotto venduto). Quanti comprano solo la birra? Quanti birra più patatine? Quanti hamburger e patatine ma senza birra? Ecc.

Come si può vedere, per fare i calcoli giusti serve una buona comprensione del business sottostante.

Tralasciando la corretta attribuzione dei costi ai prodotti (che vedremo nel prossimo paragrafo), quando si ragiona per mix di prodotti bisogna calcolare un mix di prodotti medio, facendo la media ponderata delle diverse combinazioni comprate dai clienti.

In questo caso si calcola un margine unitario del mix di prodotti medio. Ad esempio, nel caso del pub si potrebbe giungere ad un margine del 60%.

Pertanto, nell’esempio del pub-birreria, immaginando un incremento di costi fissi di una persona in cucina (+€30mila di costo) e di altri €50mila tra ammortamento della strumentazione e aumento di utenze, dovremmo vendere mix di cibo e birre per coprire ca. €200mila di costi fissi annui.

Con la formula:

Illustrazione operazione matematica 3

Dovremo, quindi, vendere €330mila di prodotti che, con un margine medio del 60%, generano proprio €200mila di margine con cui coprire i costi fissi.

Come vedremo parlando di Business Plan, ragionare in termini di numero di pezzi da vendere al giorno è sicuramente più facile da comprendere che ragionare in termini di ricavi annui. Infatti, non è immediato capire se un pub di una cittadina di provincia può vendere €330mila di prodotti in un anno, mentre è più immediato capire la fattibilità di vendere 100 birre a sera.

Tuttavia, nel caso di mix di prodotti è spesso complicato riportare i ricavi annui ai pezzi venduti al giorno.

Come allocare i costi ai diversi prodotti venduti?

Questo è un problema più complesso di quello che sembra, e richiede una identificazione puntuale delle varie attività svolte dall’azienda e del loro peso nella formazione di un prodotto o di un servizio e, quindi, del loro contributo al costo dello stesso. La principale metodologia, sviluppata negli USA negli anni ’80 si chiama, infatti, non a caso, Activity Based Costing (ABC).

Per alcuni tipi di costi, peraltro, soprattutto se “accentrati” e più lontani dal processo produttivo, come le campagne di marketing istituzionali, le attività di pianificazione in capo alla casa madre, il costo del Consiglio di Amministrazione, per fare qualche esempio, non esiste una risposta corretta.

Tuttavia, la corretta attribuzione dei costi è una attività necessaria anche per definire il prezzo del prodotto o del servizio. Il prezzo dell’hamburger nel nostro pub-birreria deve necessariamente includere parte del costo del cuoco e dell’ammortamento delle attrezzature da cucina, oltre al costo della materia prima, altrimenti perdo di vista la redditività delle varie componenti del business del mio locale.

Torneremo sul tema con un approfondimento dedicato.

Fonti per le immagini:

shutterstock.com.

Manuale di riferimento

COLLANA LE BUSSOLE

DALL’IDEA ALL’IMPRESA

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