I cambiamenti sempre più veloci del contesto in cui operano le imprese rendono opportuno per ciascun operatore economico effettuare un “tagliando”, ossia una valutazione, ed un eventuale ripensamento, dell’impostazione, dell’organizzazione e della gestione dell’attività imprenditoriale.
Questa serie di articoli su come fare impresa in un mondo più difficile e competitivo rappresenta la naturale evoluzione della Bussola “Dall’Idea all’Impresa”, pubblicata qualche anno fa e, proprio come la Bussola, è dedicata a chi è già imprenditore e vuole ripensare la propria attività, a chi lo vuole diventare, e a chi lo diventerà, magari come conseguenza di un passaggio generazionale dell’attività di famiglia.
In questo sesto articolo esamineremo l’impostazione di un Business Plan semplificato, cioè il documento aziendale in cui si richiamano le principali attività e decisioni che un piccolo imprenditore deve effettuare necessariamente per far partire e poi funzionare la propria azienda.
Come visto negli articoli precedenti, una volta verificata l’attitudine a svolgere il ruolo di imprenditore (secondo le indicazioni del primo articolo di questa serie), devo prendere una serie di decisioni, esaminate negli articoli 2-5, che costituiscono le fondamenta su cui costruire l’impresa.
Ma una volta prese quelle decisioni, prima di avviare la mia attività, devo effettuare una serie di verifiche che vertono in pratica sulla fattibilità dell’idea imprenditoriale, oppure, se l’impresa già esiste, sulla profittabilità della sua futura conduzione, a seguito delle modifiche organizzative e gestionali che intendo apportare all’impresa.
Come fare queste verifiche? La riposta è “Redigere un Business Plan”.
A questo punto molti lettori penseranno “E chi ci riesce?”, se non “E cos’è questo Business Plan?”.
In effetti, il termine viene normalmente utilizzato per fare riferimento a un documento predisposto da esperti, quali manager di medio-grandi aziende, oppure tecnici di finanza aziendale, che lavorano presso grandi banche, o istituti di credito industriale, o fondi di investimento, in cui, in modo analitico, e basandosi su molti dati, di cui viene fornita la fonte, si descrive sia il processo di creazione e/o sviluppo dell’azienda, sia le linee guida per il programma di attività nel campo della produzione, del marketing, della finanza aziendale, che dovranno essere attuate per raggiungere gli obiettivi prefissati. Insomma, si tratta di un documento, spesso della lunghezza di un centinaio di pagine, che tipicamente è ricco di tabelle e grafici, e di alcune affermazioni importanti evidenziate in neretto.
Va detto però che i Business Plan (d’ora in poi BP per brevità) possono essere documenti molto più semplici, in cui si richiamano le principali attività e decisioni che un piccolo imprenditore deve effettuare necessariamente per far partire e poi funzionare la propria azienda, che, senza pretesa di esaustività, sono in genere le seguenti:
- valutare l’investimento iniziale, ossia quanti soldi bisogna spendere per avviare l’attività (quantificando con la massima precisione possibile ogni voce di costo), e farla andare avanti almeno il primo anno (meglio, nei primi 3 anni);
- individuare le fonti di finanziamento, ovvero, partendo dalle proprie disponibilità, quanti soldi miei decido di investire, e quanti ne devo invece ottenere in quota capitale da altri soci, o in termini di prestito da finanziatori, come le banche;
- scegliere il luogo dove si svolge l’attività (es. negozio, studio, ufficio, magazzino);
- individuare tutti i fornitori di beni e servizi necessari per lo svolgimento dell’attività, incluse le risorse umane;
- individuare i clienti, cioè chi può comprare il mio prodotto o servizio;
- quantificare i ricavi, sulla base di ipotesi sulle quantità di prodotto che possono essere vendute nel periodo di tempo considerato (es. 1 anno, 3 anni);
- quantificare i costi legati all’attività produttiva, ossia da sostenere per ottenere i ricavi attesi;
- pianificare il cash flow, ossia immaginare quanti soldi entreranno nelle casse dell’impresa nel periodo di tempo considerato, e la loro destinazione (es. rimborso dei debiti, finanziamento del capitale circolante, profitto per l’imprenditore).
In questo articolo esamineremo l’impostazione di un BP semplificato, che può essere redatto dallo stesso imprenditore, o da un suo consulente di fiducia (presso la vostra associazione ne troverete vari), ossia la sua struttura, le modalità di redazione, le finalità, mentre nei 2 articoli successivi (il 7° e l’8°), si richiameranno i contenuti delle varie parti del BP, che verranno elencate brevemente nel prossimo paragrafo.
La struttura del BP
La struttura di un Business Plan (BP) semplificato, più che sufficiente per attività di piccole dimensioni, può limitarsi ad alcuni capitoli, ognuno dei quali può essere sviluppato in 1-3 pagine, a seconda della complessità dell’attività e del settore merceologico in cui opera l’impresa.
Qui di seguito si riportano i titoli dei vari capitoli, con una breve spiegazione dei contenuti di ciascuno di essi, rinviando all’articolo successivo (il 7) per un esame più approfondito dei temi da trattare.
Ecco dunque le diverse parti che devono comporre un BP:
1) Executive summary: questa parte iniziale riassume quanto scritto nel resto del documento, e pertanto va redatta alla fine della stesura del BP, e permette all’imprenditore, ai suoi collaboratori, ai soci e ai finanziatori (e ad eventuali terzi, come rappresentanti di pubbliche amministrazioni) di avere un quadro complessivo dell’organizzazione e delle modalità di gestione dell’impresa;
2) L’organizzazione dell’impresa: in questa parte del BP bisogna indicare le sedi dell’impresa (fabbriche, punti vendita, magazzini, uffici) la cui natura e numero varieranno in funzione della dimensione aziendale, della tipologia di attività e del settore merceologico, e le figure presenti in essa, dal titolare, fino all’ultimo collaboratore, ponendo attenzione a sottolineare le capacità e l’esperienza del titolare e di eventuali soci o manager;
3) La descrizione dell’attività svolta: essa può essere produttiva di beni e/o di servizi, commerciale, o prevedere entrambe le attività, e in questa sede sarebbe opportuno anche indicare i codici Ateco delle attività, che hanno rilevanza pure ai fini fiscali;
4) La descrizione del mercato a cui ci si rivolge: non solo va indicata l’area geografica nell’ambito della quale si intende operare, che può essere anche nazionale, e perfino internazionale, se si punta a vendere attraverso il web, eventualmente impostato in 2 o più lingue, ma anche la tipologia di clienti, che possono essere sia consumatori, sia business, ossia altri operatori economici;
5) La descrizione del processo produttivo: è il caso di evidenziare che questo processo esiste anche in un’attività puramente commerciale, dove comunque bisogna acquisire i fattori della produzione, siano essi la merce da rivendere, e tutto quanto serve per l’attività di vendita (es. dotazione del punto vendita, il punto vendita stesso, gli addetti, ecc.), mentre nel caso di aziende manifatturiere è evidentemente importante descrivere con quali metodologie produttive si intendono trasformare le materie prime e i beni intermedi per ottenere il prodotto finale;
6) La descrizione del marketing plan: si tratta di definire le principali decisioni del marketing, che notoriamente sono le 4P, ossia quelle relative al prezzo (in relazione ai costi, al prezzo dei concorrenti, ecc.), al prodotto (le sue caratteristiche, e livello di qualità), alla promozione (come avvicino la clientela, e con quali modalità la convinco ad acquistare il mio prodotto), ai canali commerciali a cui rivolgersi (place in Inglese, ossia come raggiungere il cliente), sulla base di informazioni acquisite con ricerche di mercato, oppure con altri mezzi, tutti esplicitati;
7) Il Conto economico previsionale: bisogna impegnarsi a prevedere il futuro (sulla base delle informazioni in possesso), sia sul piano dei ricavi, sia su quello dei costi, creando una sorta di bilancio preventivo, dal quale deve emergere la profittabilità dell’attività imprenditoriale, e conseguentemente, una stima degli utili attesi;
8) Il Piano degli investimenti: in base a quanto emerso nella descrizione dell’organizzazione dell’impresa, e del processo produttivo, in questa parte del BP si descrivono gli investimenti da effettuare per consentire all’impresa di operare;
9) Il Prospetto del cash flow atteso: mettendo a confronto le entrate e le uscite, come ipotizzate nel Conto economico previsionale, e ipotizzando i momenti in cui esse hanno luogo, si potrà evidenziare per il prossimo anno, ed eventualmente anche per il triennio seguente, i momenti in cui si avrà bisogno di denaro, del quale bisognerà assicurarsi una fonte;
10) Il Piano finanziario: questa parte del BP, che costituisce una sorta di prova del 9 per l’intera impostazione dell’attività imprenditoriale, deve indicare le fonti di risorse per il fabbisogno finanziario, non solo di quello iniziale, come risulta dal Piano degli investimenti, ma anche durante l’operatività aziendale, come può emergere dal Prospetto del Cash Flow;
11) Il Prospetto economico-finanziario complessivo: gli ultimi 4 prospetti, sopra descritti, devono poi essere messi in relazione tra loro, per assicurare l’organicità del Business Plan, e la possibilità di avere una visione d’insieme del futuro andamento ed assetto economico e patrimoniale dell’azienda, anche tramite la quantificazione di alcuni indicatori classici di bilancio, che costituiscono il necessario benchmark per valutare il successo (o meno) dell’impresa quando opererà nel mercato.
A questo punto, chiarita la struttura, e quindi i temi che vanno affrontati con un BP, occorre affrontare il tema delle modalità di redazione, o più concretamente, degli accorgimenti da tenere presente per fare in modo che il BP persegua le finalità che normalmente ha, e che verranno ricordate nel terzo e ultimo paragrafo di questo articolo.
Le modalità di redazione del BP
Come va scritto un BP?
Premesso che non vi sono regole precise al riguardo, sebbene non manchino manuali che dedicano anche decine di pagine su questo tema, va detto che il buon senso, e la considerazione delle caratteristiche medie del piccolo imprenditore italiano, e dei soggetti che ruotano intorno ad esso (che sono anche essi potenziali destinatari del BP), nonché dei meccanismi tipici di funzionamento di una piccola impresa, suggeriscono una serie di linee guida da tenere opportunamente presenti al momento in cui ci si accinge a predisporre un BP, per raggiungere le finalità che verranno esplicitate nel prossimo paragrafo.
Ecco dunque le raccomandazioni per scrivere un BP:
1) evitare di essere troppo prolissi, oppure eccessivamente sintetici: bisogna tenere a mente che il BP è una guida che spiega come organizzare e gestire quella specifica impresa, per cui non si può essere vaghi, né confondere il lettore con dettagli non essenziali;
2) trattare argomenti solo pertinenti: quando si scrive un BP, bisogna sempre chiedersi se quanto si sta scrivendo permette di organizzare e gestire l’impresa; se vi sono dubbi al riguardo, è meglio tralasciare quanto si sta scrivendo, per tornare a concentrarsi sugli aspetti essenziali del business che si sta descrivendo;
3) non fare piani troppo ottimistici: sebbene l’ottimismo debba far parte del carattere dell’imprenditore (vedi l’articolo 1), quando si scrive un BP conviene immaginarsi non il migliore dei mondi possibili, ma una situazione che è sotto le proprie attese, così da evitare che un banale colpo di sfortuna faccia crollare l’iniziativa imprenditoriale; più in generale, è meglio avere un approccio pessimistico ed ottenere risultati ottimistici, piuttosto che l’incontrario;
4) curare la qualità delle informazioni: dato che l’impresa descritta si cala in una realtà precisa, dal punto di vista geografico e temporale, è bene che le informazioni su cui si basa il BP siano contestuali all’ambito di operatività dell’azienda; di conseguenza i dati devono essere il più possibile recenti, ed essere riferiti all’area in cui opera l’impresa (es. regione), o comunque all’Italia (es. non info sugli Usa), e soprattutto devono provenire da fonti autorevoli (non un sito internet qualsiasi, bensì l’Istat, la Banca d’Italia, le associazioni di categoria come Confcommercio, Euromonitor per le ricerche di mercato, ecc.);
5) non inserire slogan e frasi ad effetto: se uno slogan può essere utile per l’attività promozionale, nell’ambito delle misure di marketing, l’esperienza suggerisce che un BP con molti slogan o frasi da applausi spesso denota una scarsa serietà, in quanto sono i ragionamenti, le descrizioni precise dell’impostazione dell’attività, e i numeri dei prospetti e dei conti, che rivelano la qualità dell’idea imprenditoriale, e quindi dell’imprenditore; allo stesso modo non è opportuno prevedere roboanti iniziative, quando le risorse per realizzarle non sono disponibili, né vi sono prospettive ragionevoli perché lo diventino, con la logica conseguenza che l’ambizione deve trovare un compromesso con la realtà e la ragionevolezza;
6) essere precisi nell’esposizione: va assolutamente evitato l’uso di un linguaggio ambiguo, come “può darsi”, “probabilmente”, “forse”, o anche “crediamo”, “pensiamo”, mentre è preferibile un tono positivo e deciso, ferma restando la necessità di evidenziare la differenza tra le affermazioni riferite ad una realtà fattuale, e quelle basate su ipotesi; più in generale dichiarazioni non supportate da elementi oggettivi, o comunque dimostrabili, l’uso di uno stile non professionale, numeri che non quadrano, una inefficace organizzazione del testo, errori ortografici, grammaticali, di punteggiatura, o di grafica, possono rendere non credibile tutto il BP;
7) predisporre 2 versioni del BP, di cui una con alcuni dati e informazioni oscurate: dato che il BP può contenere dati confidenziali (es. il nome di un socio che per il momento non vuole comparire, le condizioni vantaggiose offerte da una banca per un prestito, l’indirizzo del punto vendita, la cui disponibilità verrà acquisita in futuro, sulla base di accordi ancora da definire nei dettagli), potrebbe essere opportuno, una volta redatto il BP, rileggerlo, per oscurare alcune informazioni sensibili, che non sono necessarie per il destinatario del BP;
8) esplicitare l’indicazione degli autori del BP: è bene che i destinatari di questo documento sappiano a chi rivolgersi per avere chiarimenti, precisazioni, e informazioni più approfondite (se disponibili).
Le finalità del BP
Perché fare un BP con i contenuti e le modalità sopra descritte?
Le finalità di un BP possono essere molteplici, e vanno oltre a quello che è il suo primo obiettivo, ossia di controllare che l’impostazione dell’attività imprenditoriale sia corretta e fattibile.
In effetti cimentarsi nella predisposizione di un BP consente all’imprenditore, o al consulente che lo affianca, di ottenere i seguenti risultati:
1) avere una guida di riferimento per organizzare e gestire l’impresa nelle sue prime fasi, e anche successivamente;
2) stimolare la considerazione di tutti gli aspetti dell’organizzazione e della gestione dell’impresa;
3) valutare meglio la situazione del contesto in cui opera l’azienda (mercato, condizioni di finanziamento, costi dei fattori della produzione);
4) abituare a ragionare in termini economico-finanziari, focalizzando l’attenzione sulla quantificazione di costi, ricavi, investimenti, ritorni degli investimenti, con conseguente migliore pianificazione delle misure di natura finanziaria;
5) stabilire dei riferimenti in termini di valore di alcuni indicatori di bilancio e parametri aziendali, che possono assumere la funzione di benchmark, per valutare se le cose stanno andando come previsto;
6) permettere ai terzi (es. soci, investitori, finanziatori, fornitori, lavoratori, pubbliche amministrazioni, ossia gli stakeholder), potenzialmente coinvolti nell’attività aziendale, di valutare meglio l’opportunità di impegnarsi nel sostegno dell’attività aziendale.
A questo punto non resta che capire con più precisione che cosa bisognerà scrivere in un BP, e per soddisfare questa esigenza conoscitiva, occorrerà leggere anche i prossimi 2 articoli.
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Manuale di riferimento
DALL’IDEA ALL’IMPRESA
A cura di: Lorenzo Farina | Fabio Fulvio
Editore: Confcommercio | Giovani Imprenditori Confcommercio
Ogni anno, in Italia, nascono circa 300mila imprese totalmente nuove, non derivanti da scissioni o fusioni di imprese preesistenti, la maggioranza delle quali fondate da neoimprenditori, spesso giovani, senza nessuna esperienza imprenditoriale precedente.
Questo libro è dedicato a loro, e a tutti gli audaci che hanno un’idea e la vogliono trasformare in un’impresa, a tutti quelli che sono così folli da voler cambiare il mondo.
In nessun libro si può trovare la motivazione a diventare imprenditori, ma esistono tanti strumenti per capire se la propria idea può funzionare nel mercato, e quasi tutto dipende da come la si implementa.
Perché imprenditori si nasce, ma imprenditori di successo si diventa.
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