Come migliorare l’assortimento in negozio: quali indicatori usare

4702 visualizzazioni - 13 Gennaio 2020 -
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Per competere con i grandi player dell’online che sanno tutto dei loro clienti, l’analisi degli incassi giornalieri (spesso l’unico dato monitorato da un piccolo negozio per capire come sta andando il business) è troppo poco. Migliorando la propria “cultura del dato” si può rendere più profittevole il proprio assortimento e valutare il risultato delle iniziative (online e offline) messe in pratica
Abbandona i prodotti perdenti e investi nelle miniere d’oro!

Gestire un negozio richiede spesso competenze molto diverse ed è ancora più difficile oggi, in un momento di agguerrita concorrenza, di perdurante incertezza economica, di cambiamento nei consumatori e di nuovi possibili modi di svolgere la propria attività attraverso l’uso delle nuove tecnologie e degli strumenti digitali.

Per molte categorie merceologiche, negli ultimi decenni la concorrenza è aumentata anche a causa della crescita delle grandi superfici, di formati distributivi che abbinano la grande dimensione alla specializzazione nell’assortimento, di catene o di punti vendita di proprietà degli stessi produttori. Adesso, però, la concorrenza nel commercio al dettaglio fa un ulteriore salto di qualità, perché ogni negozio compete non soltanto a livello geografico con altri negozi o formati distributivi del suo territorio, ma anche, e sempre di più, con altri venditori (virtuali o misti) a volte localizzati a migliaia di chilometri di distanza. In tale contesto, bisogna essere pronti a cogliere tutti i possibili spazi per migliorare la profittabilità del negozio, così come per ottimizzarne l’efficienza operativa e ridurne i costi.

Si può migliorare solo ciò che si misura

Che cosa va bene nel mio negozio? Che cosa può essere migliorato? Come posso vendere di più? Come posso vendere “meglio”? Sono domande che ogni imprenditore si pone nella gestione quotidiana di un negozio. I punti vendita sono tanti e diversi tra loro: grandi e piccoli, generalisti e specialisti, mono e multimarca, indipendenti e affiliati… Ogni realtà, ogni categoria merceologica, ogni strategia ha la sua specificità, ma tutti gli esercizi commerciali operano nell’ambito delle stesse “leggi fondamentali” del commercio e condividono un insieme di indicatori e strumenti comuni, utili a tenere sotto costante controllo il termometro della redditività del negozio (le variabili chiave relative alla produttività e all’efficienza operativa delle attività) per poter agire – se necessario – in maniera tempestiva, prendere le decisioni più “giuste” verificandone la fattibilità e monitorandone i risultati.

Si tratta di indicatori semplici e immediati, ma di fondamentale importanza per la gestione del negozio. Riuscire a migliorarli, anche di poco ma in maniera stabile, ha un effetto moltiplicativo importante sui risultati di un negozio.

Abbiamo visto in un precedente articolo (“Un negoziante più analitico: come si forma l’incasso giornaliero”) come ancora oggi la maggior parte dei piccoli negozianti utilizzi l’incasso della giornata come indicatore, a volte unico, del successo del business e come poter utilizzare i principali indicatori relativi al cliente (numero di visitatori, tasso di conversione e scontrino medio) per incidere sui risultati di fatturato. Ma negli obiettivi di un imprenditore non ci sono solo le vendite, anche il profitto: capire quali categorie o prodotti o marchi generano più margine è essenziale per cercare di spingere le vendite proprio verso prodotti che contribuiscono meglio alla copertura dei costi e orientare l’attività verso i risultati desiderati.

Per ottimizzare l’assortimento del negozio viene in aiuto dell’imprenditore l’analisi di due indicatori fondamentali per il posizionamento dei prodotti nell’offerta commerciale: la rotazione del magazzino e il margine sulle vendite. Saper misurare e analizzare con attenzione questi due indicatori insieme aiuta a capire quali sono le categorie di prodotti che il negozio vende in misura maggiore rispetto ad altri e quali sono quelle su cui è possibile ottenere una marginalità più alta e che consentono di lavorare con profitto. Ma che cosa misurano?

La rotazione del magazzino/delle scorte (Inventory Turnover) misura il numero di volte che un prodotto ruota nell’unità di tempo, normalmente si considera un anno solare (prodotti alto-vendenti o basso-vendenti). In altre parole, la capacità del negoziante di comporre il giusto assortimento e magazzino e minimizzare il rischio di invenduto.

 Rotazione del magazzino = vendite totali del periodo / magazzino medio del periodo 

 Dove: 

 Magazzino medio = (magazzino a inizio periodo + magazzino a fine periodo) / 2 

È un indicatore molto importante per un’attività commerciale, probabilmente il tema operativo più importante nel commercio al dettaglio che, in estrema sintesi, consiste nel comprare merce, esporla in negozio e venderla. La rotazione del magazzino può essere calcolata sia sulla base del numero di pezzi che sulla base del prezzo di vendita. I programmi di cassa sono in grado di offrire entrambi i dati, perché consentono di “inserire” nel sistema informativo del negozio i prodotti quando arrivano in negozio e di “scaricare” dal sistema i prodotti una volta che il cliente li acquista. Naturalmente, l’analisi va fatta per singola categoria/sottocategoria di prodotto, e non solo a livello di magazzino complessivo, perché la rotazione di magazzino rappresenta un elemento cruciale per attribuire il giusto prezzo ai prodotti e per verificare la corretta strategia di prodotto/di assortimento da perseguire.

Infatti, solitamente i prodotti a bassa rotazione presentano alto prezzo e alto margine, mentre quelli ad alta rotazione, basso prezzo e basso margine, secondo la logica che un prodotto che “gira” poco deve pagare un prezzo di “affitto dello scaffale” più alto in termini di margini per il venditore. Una rotazione alta è generalmente sinonimo di buona gestione. Significa infatti meno capitale investito, minor rischio di detenere prodotti che non saranno più comprati dal cliente e, in genere, un’offerta più “aggiornata”.

L’indicatore della rotazione del magazzino, monitorato in maniera sistematica (confronti nel tempo, confronti tra categorie/sottocategorie di prodotto, confronti tra punti vendita) fornisce indicazioni utilissime su come sta andando l’attività dal punto di vista dell’efficienza operativa. Consente ad esempio di verificare se è stato raggiunto il livello programmato fra merce venduta e quella ancora disponibile a magazzino, tale per cui al raggiungimento di un livello considerato  ottimale è possibile effettuare sconti o promozioni per fidelizzare o coccolare il cliente senza intaccare la redditività.

Anche in questo caso il gestionale integrato con la cassa ci facilita il compito e ci avvisa quando i livelli desiderati precedentemente programmati sono stati raggiunti o, diversamente, quando  bisogna intervenire per correre ai ripari. Ovviamente, i valori medi dell’indicatore dipendono dal settore nel quale si opera. In ogni caso, nel confrontare categorie/sottocategorie di prodotto, sappiate che valori da 3 in su indicano buone performance e arrivare intorno al 6 significa fare un eccellente lavoro sulle scorte.

Attenzione, però, e questo vale per tutti gli indici, a non innamorarsi dei numeri in sé, senza capire cosa significano e “da dove vengono”. Infatti, scoprirete che un sistema per aumentare la rotazione di un prodotto è andare nella cosiddetta “rottura di stock”, ovvero non averlo disponibile quando il cliente lo chiede, ma non è un modo sano di migliorare l’indice.

Se, infatti, nessun negozio può sostenere il costo di avere sempre tutti i prodotti sullo scaffale (ovvero zero rotture di stock), avere eccessive rotture di stock significa non offrire un servizio al cliente che, a lungo andare (spesso anche molto prima), non vi considererà più una destinazione affidabile per quel tipo di prodotti, o per le sue esigenze in generale. E gli indici di rotazione, prima falsamente positivi, torneranno pesantemente negativi, insieme a molti altri.

La decisione del numero di prodotti da detenere a magazzino rappresenta il punto di incontro tra la necessità del negozio di poter soddisfare il maggior numero di richieste da parte dei clienti e l’esigenza di ridurre al minimo il denaro immobilizzato ordinando solo la merce che si è ragionevolmente sicuri di vendere.

Quali azioni possono influenzare la rotazione del magazzino?

  • Intervenire sul processo di riordino in modo da avere un’offerta ampia ma “aggiornata” e con un ridotto rischio di invenduto.
  • Migliorare la presentazione e allocazione nello spazio dei prodotti con un basso tasso di rotazione (in evidenza nelle aree promozionali, in vetrina, con un maggior supporto informativo, ecc.).
  • Verificare la correttezza del prezzo dei prodotti con una più bassa rotazione.
  • Rafforzare la capacità della forza vendita di proporre anche prodotti più “difficili” da vendere.
  • Utilizzare in maniera mirata la leva promozionale e il bundling dei prodotti al fine di stimolare l’acquisto anche di prodotti a bassa rotazione.
  • Monitorare il tasso di rotazione per identificare eventuali cambiamenti nelle preferenze dei clienti e intervenire di conseguenza.
  • Mantenere pulito e ben organizzato il magazzino. Se qualcosa è “sepolta” nel magazzino e non se ne ha contezza non può essere venduta.

Il margine sulle vendite costituisce, invece, un’indicazione del risultato complessivo del negozio in un determinato periodo temporale. Più in particolare, misura la redditività delle singole referenze/categorie presenti in negozio.

Margine vendite (%)= (totale vendite – costo del venduto) / totale vendite * 100 

 Margine singolo prodotto (%)= (prezzo di vendita al pubblico singolo prodotto – costo singolo prodotto venduto) / prezzo di vendita al pubblico singolo prodotto * 100 

 Dove: 

 Costo del singolo prodotto = costo di acquisto

 Costo del singolo prodotto (nel caso di generi alimentari) = costo di acquisto / (1 – % di scarto e calo peso) 

Al fine della determinazione del margine occorre tenere conto del valore dei prodotti omaggio e sconti applicati dal fornitore che incidono (abbassandolo) sul costo del venduto. Effettuando il calcolo su tutti i prodotti in assortimento è possibile avere una chiara indicazione della redditività di ogni referenza, potendo così valutare le conseguenti azioni per massimizzare la redditività complessiva del negozio.

Il margine del singolo prodotto differisce dal ricarico percentuale applicato in fase di fissazione del prezzo ed è generalmente più basso. Ciò perché il metodo di ricarico percentuale si basa sul costo d’acquisto del prodotto, mentre il margine del singolo prodotto venduto è calcolato partendo dal prezzo di vendita al pubblico. Per esempio, applicando un ricarico del 20% al costo di acquisto (100), dopo la vendita (prezzo 120) otterrei non il 20% del prezzo di vendita ma un valore inferiore, pari a 20/120 = 16,66%.

Quali azioni possono influenzare il margine sulle vendite?

  • Migliorare l’attività negoziale con il fornitore (costi di acquisto, modalità e termini di consegna e di pagamento eventualmente rimettendo in discussione gli attuali fornitori e valutando la possibilità di ridurne il numero) e la gestione degli ordini per mantenere un’elevata rotazione di magazzino. Quando si compra di più da meno fornitori si riesce, in genere, a spuntare un prezzo migliore. Importante anche mantenere rapporti diretti con piccoli fornitori (ad esempio imprese artigiane) è anche una modalità per poter mantenere un’elevata differenziazione dei prodotti trattati e garantire un distintivo posizionamento del proprio negozio rispetto alla concorrenza.
  • Valutare la possibilità di combinare gli ordini di acquisto con altri negozi (gruppi di acquisto) al fine di ottenere una maggiore scontistica e risparmio sui costi di trasporto. Richiede la selezione di negozi che vendono prodotti complementari e disponibili a una collaborazione.
  • Utilizzare sconti in maniera mirata facendo, laddove possibile, compensazione tra prodotti e migliorando il “mix di vendita”. La riduzione del margine per il negozio legata allo sconto applicato a un determinato prodotto (ad esempio nelle operazioni di vendita sottocosto) può infatti essere compensata da un acquisto di più referenze (a prezzo pieno) da parte del cliente entrato in negozio attirato dalla promozione.
  • Monitorare la coerenza tra prezzo applicato e disponibilità del cliente ad acquistare e intervenire di conseguenza. Da evitare l’applicazione di prezzi eccessivamente bassi, che non solo penalizzano la redditività del negozio, ma ne minacciano l’esistenza. Importante anche valutare con attenzione, in particolare nelle iniziative promozionali, l’esistenza di margini di profitto anche nel caso di prodotti scontati. Alcuni venditori trasferiscono direttamente eventuali sconti loro applicati dai distributori direttamente sul cliente non sfruttando il vantaggio che ne deriva per stimolare i loro profitti. Considerate che, nel caso di un risultato operativo intorno al 3% rispetto al totale delle vendite, se il negozio applicasse uno sconto di 10 euro su un prodotto occorrerebbe vendere almeno altri 300 euro di merce a prezzo pieno per recuperare i 10 euro di risultato operativo.

Per rendere meglio l’idea dell’analisi simultanea dei due indicatori possiamo utilizzare una semplicissima matrice dove classificare i prodotti in assortimento in quattro quadranti in base a come ruotano e al margine che è possibile realizzare dalla vendita.

Si scoprirà ad esempio di avere prodotti “A – Miniere d’oro” che girano tanto e hanno anche un margine alto. Avere a scaffale questa tipologia di prodotti fa la differenza in termini di successo sul mercato perché ogni volta che si vendono si guadagna di più rispetto ad altri.

Scoprirete però di avere anche prodotti “D – perdenti”, che sono quelli che girano poco e non si vendono quasi mai. Occupano inutilmente spazio sullo scaffale e soprattutto generano un margine anche basso quando si vendono. In questi casi è consigliabile togliere il prodotto dall’assortimento ed evitare di impegnare altro capitale. Solo attraverso questa semplicissima analisi è possibile individuare la categoria o il prodotto che sarebbe consigliabile togliere dal catalogo.

Poi ci sono i prodotti “B – Potenziali” (alto margine con bassa rotazione) e prodotti “C – Commodities” (basso margine con alta rotazione) che riflettono il posizionamento del negozio ma anche una corretta strategia di assortimento che consente di fare cross e up-selling.

Il tipico prodotto “C – Commodity” è l’iPhone per un rivenditore di telefonia: porta tanti clienti nel punto vendita, attratti dal brand e dalla pubblicità ma, considerata la politica di prezzo di Apple, genera margini molto bassi per il rivenditore. Evidentemente non si può non averlo, così come tanti altri prodotti che generano traffico, ma va sfruttato per quello che è: un magnete per attirare clienti a cui vendere anche altro, magari una bella cover o i tanti accessori di terze parti (non Apple), su cui i margini sono decisamente superiori e che, se ben promossi, diventano spesso prodotti “A – Miniere d’oro”.

I tipici prodotti “B – Potenziali”, invece, sono prodotti con marchi meno noti, magari personalizzati ad hoc per il negozio, il cui successo dipende molto dalla bravura del negoziante e, più in generale, all’efficacia comunicativa del negozio, a cui, giustamente, lasciano un margine più alto.

Nella tabella, per ogni riquadro sono riportate le principali strategie per gestire la relativa tipologia di prodotto, possibilmente cercando di spostarla nel riquadro “A – Miniere d’oro”.

Per concludere…

Fare queste semplici misurazioni consente di migliorare l’efficienza operativa, l’equilibrio tra costi e ricavi e soprattutto mantenere un posizionamento di mercato coerente con il target di clientela da servire.

Intervenire sui singoli indicatori, ad esempio curando la presentazione e la sistemazione all’interno del negozio dei prodotti con un basso tasso di rotazione o rivedendo gli accordi di fornitura per raggiungere prezzi migliori, potrebbe risultare essenziale per raggiungere una migliore profittabilità del punto vendita.

Se riusciamo a comprendere, monitorare e rappresentare l’andamento di alcune variabili, possiamo provare a influenzarle. Altrimenti, saremo trascinati dal business senza sapere bene dove stiamo andando.

Manuale di riferimento

COLLANA LE BUSSOLE

IL NEGOZIO NELL’ERA DI INTERNET – 2A EDIZIONE

Internet sta modificando profondamente il contesto competitivo del commercio al dettaglio, esattamente come succede in tanti altri settori.

Sempre più consumatori comprano online, soprattutto i giovani, a volte anche dopo aver provato i prodotti in negozio.

L’utilizzo di internet in mobilità, inoltre, anche e soprattutto all’interno dei negozi, rappresenta una rivoluzione nella rivoluzione, tanto che alcuni immaginano un futuro dove tutti gli acquisti saranno fatti online, e pochi grandi negozi faranno da showroom per i giganti dell’online.

Confcommercio è, invece, tra coloro che credono che i negozi fisici hanno ancora un futuro.

Certo, dovranno inserirsi intelligentemente in questi mutamenti senza esserne travolti, anche imparando ad utilizzare le nuove tecnologie e le loro regole ma, soprattutto, sfruttando e potenziando alcune caratteristiche distintive che nessun player online potrà mai copiare, perché un negozio è lì, sulla strada, gestito da persone in carne ed ossa che vivono nella stessa comunità, sullo stesso territorio del cliente.

Comprare in un negozio di qualità è decisamente un’esperienza appagante, e una città senza negozi, gestiti da persone competenti e appassionate, sarebbe una enorme perdita in termini sociali e di qualità della vita.

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