La tecnica di raccontare storie che rivelino i valori nascosti dentro i prodotti che vendiamo è antica, ma funziona sempre per emozionare i nostri clienti. Servono informazioni veritiere, da condividere in un modo memorabile ed emozionante, attraverso piccole storie (storytelling), da raccontare sia nella relazione con i clienti nel negozio, ma anche attraverso le conversazioni virtuali del sito web e dei social media. Fatevi aiutare per preparare questi contenuti emozionali, poiché sono essenziali per fidelizzare i Millennials.
Lo storytelling è uno strumento di branding, come le vetrine o il logo
Parlando degli strumenti necessari per fare attività di branding nei vostri punti vendita, abbiamo messo nella lista anche le ‘storie’ o lo ‘storytelling’, cioè un insieme di aneddoti e informazioni che devono essere raccontate alla clientela (anche attraverso il sito web e i social media, ma soprattutto nella relazione reale, nel negozio) per poter costruire una significativa esperienza di marca/insegna, qualunque sia la vostra attività.
La parte visuale della comunicazione di marca/insegna è fondamentale (logomarchio, colori, vetrine, luci…), ma non possiamo perdere l’opportunità di raccontare di più dei prodotti che vendiamo, soprattutto se vendiamo cibo, poiché c’è un generale interesse per capire di più dell’origine, degli ingredienti e della preparazione degli alimenti e delle bevande, in particolare nel nostro Paese, e ancora di più se pensiamo ai target più giovani, veri e propri fan del food, tanto da essere chiamati ‘foodies’.
Che cosa significa ‘storytelling’, nel dettaglio?
Il suo significato letterale (dall’inglese, come succede spesso quando si parla di comunicazione e di marketing) è quello di ‘raccontare storie’, ‘narrare una storia’; si applica alla comunicazione di marca quando lo si sceglie come tecnica di redazione dei contenuti che si vogliono veicolare attraverso i mezzi di comunicazione. Quindi è un modo di comunicare un prodotto, una marca, scegliendo di farlo attraverso il racconto di ‘una storia’, che viene messa insieme da professionisti che sanno mettere a sistema le informazioni che provengono dal vostro prodotto con i valori del vostro posizionamento di marca, col vostro percorso di professionisti ed esperti del settore alimentare.
Ci si è resi conto che le informazioni che vogliamo passare alle persone riescono ad essere meglio comprese e ricordate se vengono ‘narrate’, cioè legando la loro comunicazione ad una serie di accadimenti, aggettivi, luoghi e protagonisti che ci aiutino a ricordarle meglio. Le informazioni, in questo modo, perdono la loro natura essenziale di ‘elenco di fatti’, noioso e difficile da memorizzare, per andare ad essere codificate dal cervello tutte insieme, legate a doppio nodo alle emozioni generate dalla storia, per cui rimangono più profondamente impresse nella memoria, avendo un maggiore effetto sulle nostre scelte, e più a lungo.
Una tecnica usata da secoli e secoli
Se ci riflettiamo, tutte le narrazioni che conosciamo, come le fiabe, i Vangeli, l’Odissea, le canzoni, i romanzi, i film, i racconti…tutta la narrativa ci passa dei messaggi importanti, che ricordiamo meglio perché inseriti in una storia ricca di emozioni, personaggi e particolari, che ci colpiscono, e che ricordiamo meglio e più a lungo nel tempo.
Se una informazione si lega ad una emozione, allora rimane impressa nella memoria, e influenza i nostri comportamenti e le nostre scelte.
Facendo leva su questa riflessione, i professionisti della comunicazione di marca hanno pensato che si potesse utilizzare questa tecnica anche per parlare delle marche e dei loro prodotti, in modo da passare più concetti e farli ricordare meglio, con l’obiettivo di far affezionare di più i loro consumatori e influenzare più facilmente le loro scelte.
Non significa che dovrete costruire fiabe sui vostri prodotti e sui vostri ingredienti speciali; significa che dovrete identificare gli elementi di verità che ci sono nelle informazioni che avete a disposizione e che volete condividere, e dovrete organizzarli in una narrazione emozionale, che quindi crei sorpresa, interesse, curiosità, rivelazione. Ci vuole un po’ di concentrazione, e forse vale la pena di farsi aiutare da una persona che sa scrivere bene e che conosce il potere emozionale delle storie e delle parole.
Magari un/una giornalista locale? Un’agenzia pubblicitaria, una web agency locale? Fatevi consigliare dalla vostra associazione territoriale per identificare un/una professionista adatto, che abbia anche il costo adatto alle vostre possibilità; e non dimenticate di leggere l’approfondimento delle Bussole “Storytelling per la vendita“.
I Millennials, divoratori di storie
Questa generazione di consumatori – quella già presente nei vostri negozi, quella che nel 2021 ha fra i 20 e i 35 anni circa, è particolarmente interessata alla trasparenza, quindi, sia delle informazioni servite dalle marche che di quelle servite dai siti di meta-ricerca: non accettano che gli si menta, e prima o poi lo vengono a sapere – sempre grazie alle fonti del web e alle recensioni di altri come loro.
Amano le storie, amano i racconti delle marche e dei prodotti, amano le innovazioni, sono assolutamente rapiti dal cibo, dagli ingredienti, dalla cucina. Sono fissati con la provenienza degli ingredienti, dalla filiera, dalla sostenibilità, assolutamente a loro agio con tutte quelle dizioni come DOP, DOC, DOCG, o con le sigle di addensanti e coloranti e diavolerie artificiali, che scovano immediatamente nelle liste ingredienti esposte nei negozi o sui packaging dei prodotti che acquistano.
Essere esperti di cibo è per loro veramente cool, e quindi amano quei negozianti e quelle marche che gli passano delle informazioni preziose, che aumentano la loro conoscenza, che li rendono più vicini a quelle star della cucina e della pasticceria che vedono ogni giorno alla televisione. Dovete raccontargli quello che sapete, lo apprezzeranno tantissimo.
La storia e la geografia degli ingredienti
La cucina, la conoscenza degli ingredienti e delle ricette, anche internazionali, fa sì che questi nuovi consumatori siano perfettamente a conoscenza della geografia – oramai anche un po’ cliché – della provenienza di alcuni ingredienti ‘iconici’: se il lardo è ‘di Colonnata’ e i tortellini sono ‘di Bologna’, allora i pistacchi sono ‘di Bronte’, il burro fresco è francese, la nocciola è ‘delle langhe’, la vaniglia ‘del Madagascar’, il caffè ‘della Colombia’, la cioccolata ‘di Modica’, la mandorla ‘di Avola’ e il mandarino sarà sicuramente tardivo e di Ciaculli…
La geografia aiuta, ma aggiungere una piccola storia di provenienza agli ingredienti o al modo in cui sono lavorati ne aumenta il prestigio percepito, provoca desiderio di assaggiare, e soprattutto aggiunge valore al prodotto e all’insegna che li usa – distogliendo soprattutto lo sguardo dal prezzo al chilo e da quello che fanno i concorrenti diretti.
Queste parole, queste storie devono parlare di qualità certificata, di artigianalità, di rarità, di esclusività, e questi sono a loro volta gli ingredienti essenziali del concetto di ‘lusso alimentare’. E per il cibo di lusso siamo tutti pronti a pagare il giusto prezzo, e forse anche a fare qualche chilometro in macchina per assaggiarlo.
Cosa c’è di più narrativo e memorabile del menù di un ristorante stellato?
Come fare ad usare lo storytelling?
Per prima cosa è importante rendersi conto che la qualità del cibo e delle bevande non è l’unico elemento che guida la percezione di qualità complessiva del negozio alimentare; facciamo l’esempio del bar-pasticceria: gustare un dolce è una esperienza complessa fatta di tanti elementi, molti sono elementi emozionali, non strettamente organolettici; può essere un’occasione speciale di condivisione, una festa, bisogna fare una bella figura, si vuole che piaccia a tutti, che sia originale, oppure che sia esattamente il gusto e la preparazione che rispetta la tradizione. Quindi la comunicazione del prodotto che spiega nel dettaglio provenienza degli ingredienti e fasi della preparazione, che riesce ad anticipare l’emozione del gusto, del taglio del dolce, del piacere dei convitati…lo storytelling qui può fare molto per ampliare la percezione qualitativa, al di là del prodotto in sé.
Il cliente deve uscire dal negozio felice e soprattutto pieno di aspettative.
Poi, chiaramente e soprattutto nel mondo alimentare, il momento della verità è quello dell’assaggio…e qui ci sono poche storie da raccontare: il gusto e la qualità parlano da soli. Se il prodotto non è soddisfacente, le storie sull’origine degli ingredienti vi aiuteranno poco.
Secondo, possiamo utilizzare i tanti strumenti di comunicazione che abbiamo a disposizione a costo zero: il nostro sito web, la nostra pagina Facebook, le nostre vetrine, il nostro punto di vendita. E… il nostro personale di vendita, che è (o dovrebbe essere)… parlante!
Dobbiamo cominciare ad utilizzare tutti questi strumenti di comunicazione del negozio in modo sistematico, dando ad ogni mezzo il suo messaggio chiave: il sito web si presta molto bene ad un racconto ampio, che si arricchisce anche di immagini (sono ‘le figure’ del vostro racconto… aiutano la comprensione e la memorizzazione dei particolari); la bacheca della vostra pagina Facebook si presta bene a legare le informazioni sugli ingredienti con eventi che li rendano emotivamente rilevanti: legate il racconto degli ingredienti alle stagioni, ai colori dei prodotti, agli eventi locali, alle festività, create una continuità fra ciò che accade intorno a voi e il vostro prodotto, per rendervi memorabili e rilevanti, anche per dare il suggerimento di un’occasione di acquisto specifica. Potreste abbinare uno sconto speciale o una offerta di prodotto proprio per quel periodo limitato, stimolando un acquisto subitaneo.
Terzo: spiegate bene anche quello che NON c’è, nel vostro prodotto. Dite chiaramente quelle cose che NON usate, perché nella comunicazione alimentare ci sono tanti ingredienti che possono (a torto o a ragione) fare paura, e che la gente non apprezza affatto: come additivi, addensanti, pre-lavorati industriali…i vostri clienti sono molto interessati anche a queste informazioni, e gli danno il giusto valore, poiché compreranno molto più rilassati.
Quarto: oltre ai mezzi di comunicazione, raccontate anche di persona le informazioni e le storie che volete veicolare; mentre servite il cliente, mentre preparate un cocktail o un cono-gelato, rispondete alle domande, provate ad utilizzare il personale per trasmettere un’emozione, cercate di costruire una percezione qualitativa ed una relazione che vada oltre il vostro prodotto, per fare in modo di vendere una esperienza di consumo, e non solo un ottimo prodotto.
Quinto: non mentite, mai! Se ricercate la qualità e volete raccontarla, fatelo con elementi di verità, altrimenti sfruttate altre leve strategiche, come la prossimità o il prezzo basso. I clienti oggi hanno mille mezzi per verificare le informazioni che date, e molti di loro sono anche intenditori di alimenti, per cui, come dicevano le nostre nonne: “una bugia ha le gambe corte” e, come aggiungerebbero i nostri figli, nativi digitali: “sul web una brutta figura (loro in realtà userebbero un altro termine) corre veloce e arriva dappertutto”.
Fonti per le immagini:
shutterstock.com
Manuale di riferimento
IL NEGOZIO ALIMENTARE – 2A EDIZIONE
A cura di:
Editore: Confcommercio | Fida
Il settore alimentare è di fondamentale importanza per il Paese, perchè fare la spesa è un atto che coinvole ogni giorno milioni di consumatori, decine di migliaia di imprese con milioni di lavoratori.
E’ un settore in profonda trasformazione, per ragioni demografiche e di cambiamento di stili di vita, con le grandi insegne che stanno riscoprendo il valore della prossimità, aprendo punti di vendita più piccoli e a maggior livello di servizio nei centri cittadini, con l’online in crescita nonostante le difficoltà logistiche, e con tanti imprenditori indipendenti che sviluppano modelli di buisiness innovativi.
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