Come trattare con i clienti stranieri – 2) Anglosassoni: Usa, Regno Unito, Australia
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Oltre 60 milioni di turisti stranieri arrivano in Italia ogni anno, e visitano molte zone del nostro Paese, oltre alle tradizionali città d’arte. Pertanto, le imprese dei servizi che vogliono offrire la migliore esperienza d’acquisto (e massimizzare i ricavi), devono imparare a trattare i clienti di differenti nazionalità rispettando le sensibilità di ciascuna cultura.
In questo secondo articolo forniremo alcuni suggerimenti per trattare con i clienti anglosassoni, sia perché rappresentano circa 11 milioni di arrivi l’anno, in alcuni casi con capacità di spesa importanti, sia perché l’apparente facilità di comunicazione (so parlare l’Inglese!) e la disinvoltura nell’interazione, tipica dei clienti Americani, Inglesi e Australiani, ci può indurre a commettere qualche errore, che è invece possibile evitare, leggendo questa nota.
Premessa
Come ricordato nel precedente articolo dedicato ai turisti dell’Estremo Oriente, praticamente tutti i negozi e i bar, sia nelle vie urbane, sia nei centri commerciali, i ristoranti e gli alberghi, possono essere visitati da clienti stranieri, e questo vale, a maggior ragione, per le imprese che operano abitualmente con l’estero e per le imprese delle città più visitate dai turisti.
D’altronde, avere a che fare con turisti anglosassoni è un’esperienza decisamente comune. A chi non è capitato di incontrare un cliente la cui madre lingua è l’Inglese?
A volte, però, può succedere che l’apparente facilità di comunicazione, la presunta padronanza della lingua di Shakespeare, la confidenzialità che il modo di fare degli anglosassoni suscita, possano indurre in errore, sia sul piano dell’interpretazione di quello che viene detto da entrambe le parti (venditore italiano e acquirente straniero), sia sul piano del comportamento dell’operatore italiano, visto che la familiarità dell’approccio anglosassone nel rapporto personale potrebbe far pensare che non ci sia un’aspettativa di precisione e di rispetto della verità, che sono invece caratteristiche di quella cultura.
Anche se in termini percentuali la clientela estera può non essere significativa per la propria attività, al tempo stesso è noto che la capacità di spesa di persone che vengono da altri paesi è spesso superiore rispetto a quella dei clienti residenti in zona. In effetti, non va dimenticato che i turisti stranieri sono una fonte di ricavi molto importante, come dimostra uno studio della Banca d’Italia, riferito al 2019 (l’anno da considerare, essendo l’ultimo prima dell’epidemia del Covid-19), che segnala che le entrate per viaggi internazionali nel 2019 avevano raggiunto i 44,3 miliardi di euro nel nostro paese, ponendo l’Italia al 5° posto al mondo, insieme alla Gran Bretagna (che presenta l’attrattività derivante dai corsi di lingua). I turisti stranieri, sempre nel 2019, sono stati (secondo i dati della Banca d’Italia) 65 milioni (in termini di arrivi).
E’ dunque importante, nell’ottica di offrire il miglior servizio (e massimizzare i ricavi), acquisire conoscenze su come interagire al meglio con acquirenti di altre nazionalità, ed adeguare il proprio comportamento in funzione della cultura, della mentalità, e delle modalità di comportamento tipici dei cittadini provenienti dai vari paesi del globo.
Con questo articolo si riporteranno indicazioni su questi argomenti per 3 nazionalità anglosassoni, ossia Statunitensi, Inglesi (nel senso di cittadini del Regno Unito) e Australiani. Ovviamente vi sono altre popolazioni che possono considerarsi anglosassoni, come gli Irlandesi, i Neozelandesi, i Canadesi di lingua inglese, parte dei cittadini sudafricani di origine europea (la cui componente maggioritaria è però Boera, e quindi olandese), ma va considerato che il numero di turisti provenienti dai 3 paesi scelti sono di gran lunga maggiori di quelli provenienti dalle altre nazioni citate.
Infatti, secondo la citata indagine sul turismo internazionale realizzata dalla Banca d’Italia, nel 2019 ben 4 milioni di turisti erano venuti dagli Usa, 6 milioni dal Regno Unito, 0,8 dall’Australia, a cui si erano aggiunti 1 milione di turisti dal Canada.
In termini di presenze turistiche (numero di turisti x numero di giorni di vacanza in Italia), gli Usa hanno contribuito, sempre nel 2019, con 16,3 milioni di presenze, Regno Unito con 13,7 mil., Australia 2,9, Canada 2,7, Irlanda 1,8.
In ogni caso, le considerazioni generali riportate nel prossimo paragrafo per i clienti anglosassoni valgono anche per quei turisti che provengono dalle altre nazioni con popolazioni discendenti dai coloni inglesi.
E’ bene però precisare che le indicazioni che seguiranno vanno considerate come statisticamente significative, ma non necessariamente vere per tutti i turisti che provengono dai paesi di volta in volta richiamati.
1) Gli aspetti comportamentali comuni agli anglosassoni
Pur avendo accenti diversi, parole ed espressioni linguistiche differenti, e perfino origini etniche diverse (basta pensare al melting pot americano, ma anche inglese, dove perfino il primo ministro è di origine indiana), è innegabile che le persone anglosassoni, al di là della loro collocazione geografica, ed indipendentemente dal ceto sociale di provenienza, presentano alcuni modi di fare, di pensare, e di comportarsi straordinariamente simili, e per questo piuttosto prevedibili.
Il primo aspetto che assolutamente è opportuno tenere presente quando si interagisce con gli anglosassoni è l’amore per la verità, circostanza che li differenzia parecchio dall’attitudine italica.
Gli anglosassoni hanno una difficoltà, che si direbbe genetica, a dire bugie, e comunque, anche quando poi le dicono, a negare l’evidenza, quando sono colti in fallo.
Ci sono moltissimi episodi di cronaca che stanno lì a dimostrare quanto affermato. Per esempio, chi di noi avrebbe fatto come l’ex presidente americano Clinton, che, interrogato se avesse avuto un’amante, lo ammise di fronte alla commissione parlamentare che doveva valutare il presupposto per il suo impeachment?
E’ quindi assolutamente raccomandabile stare attenti a non dire bugie ai clienti statunitensi, inglesi, australiani.
Questo, in effetti, può accadere (anche senza accorgersene) quando si illustrano le caratteristiche di un prodotto (bene o servizio che sia), o anche quando si cerca di scusare qualcosa che è andato male (es. un disservizio, un ritardo).
Pertanto, bisogna essere piuttosto scrupolosi (ma questo, in realtà, dovrebbe succedere sempre) quando si offre qualcosa, evitando di dimenticarsi qualche dettaglio che potrebbe essere importante per il cliente, così come bisogna ammettere le proprie colpe se qualcosa non è andato come il cliente si aspettava (e che noi abbiamo indotto ad attendersi).
Inoltre, spiegare i fattori che ci hanno indotto in errore, oppure che hanno contribuito a deludere le aspettative del cliente, è quanto mai opportuno, e per lo stesso motivo non bisogna mai evitare il confronto con il cliente anglosassone, quando questo chiede conto di quello che è successo, per quanto antipatico sia questo momento.
In pratica, deludere una volta il cliente americano, inglese, o australiano, vuol dire semplicemente perderlo per sempre, senza contare che esiste, per di più, il rischio di denunce, o comunque di commenti negativi sul web, che potrebbero indurre altri potenziali clienti ad evitare il negozio, il bar, il ristorante o l’albergo, che è incappato in questo errore di relazione.
Un secondo aspetto della cultura anglosassone che, inutile negarlo, non è molto inflazionato nel nostro paese, e che quindi ci può anche sorprendere, è la tendenza alla precisione e al rigore.
Chi ha viaggiato nei paesi anglosassoni, soprattutto in macchina, si sarà reso conto, con tutta probabilità, quanto siano rigidi e precisi i poliziotti locali, così come i funzionari e i venditori di quei paesi.
Questo cosa vuol dire in pratica? In primo luogo che bisogna essere assolutamente puntuali. La tipica frase nostrana “cosa vuoi che sia un giorno di ritardo?” è per l’anglosassone medio fumo negli occhi.
In secondo luogo (ma non è meno importante) bisogna fornire il bene o il servizio ordinato con grande precisione, lasciando perdere la tentazione di dare qualcos’altro, nella speranza che il cliente, proprio perché straniero, non se ne accorga.
E’ poi fondamentale rispettare la parola data. Dire una cosa e farne un’altra (esperienza piuttosto frequente dalle nostre parti) determina la totale perdita di fiducia in chi si comporta in questo modo.
Al tempo stesso va riconosciuto che negli ultimi anni questa caratteristica storica della precisione del mondo anglosassone è andata sfumandosi, tanto che lo stesso prestigioso settimanale l’Economist ha rappresentato una recente ex prima ministra inglese come una dea romana armata di una gigantesca forchetta con gli spaghetti, alludendo così che anche la Gran Bretagna è diventata come l’Italia, visti gli errori madornali di politica economica effettuati da quel governo.
E’ il caso di sottolineare che le considerazioni che si stanno riportando in questa nota non vanno viste nell’ottica di essere d’accordo o meno (che siano vere o giuste), bensì nella prospettiva professionale di prendere atto che persone di altri paesi hanno una diversa mentalità, e un diverso modo di comportarsi, di cui tenere conto, se vogliamo avere successo nel momento in cui queste persone diventano potenziali clienti.
Continuando quindi con la descrizione di alcuni modi di essere di americani, inglesi, e australiani, si può segnalare, a questo riguardo, anche una certa avversione per i formalismi, essendo noto che questi popoli amano la praticità, ovvero i risultati, piuttosto che le procedure.
Dunque, è consigliabile spiegare l’evoluzione di un processo (es. un rimborso, una spedizione), senza però esagerare con lunghe descrizioni, e stando attenti, al momento dell’ordine, di non banalizzare tempistiche e possibili problematiche che potrebbero aver luogo successivamente.
Anche quando si discute con un cliente anglosassone, bisognerebbe evitare di dire che la situazione che suscita disappunto nell’acquirente estero sia dovuta a fattori esterni, a burocrazia, a ritardi di soggetti terzi, in quanto l’anglosassone medio risponderà che queste cose erano prevedibili (you’re in Italy, aren’t you?), e quindi che andavano dette in anticipo (es. prima che il compratore paghi).
Come si è ampiamente compreso, gli anglosassoni sono piuttosto allergici alle “fregature”, ed in un mondo in cui non mancano le piattaforme e i social dove esprimere la propria opinione sui fornitori di beni e servizi, bisogna sempre tenere presente che la maggioranza degli Statunitensi, Inglesi, Australiani, si “vendicherà”, sfogando la propria delusione in quelle sedi, con potenziali effetti negativi (a volte, molto negativi) per l’operatore italiano che ha determinato (anche se involontariamente) quella delusione.
Un’altra caratteristica comune di coloro che sono nati parlando l’Inglese è dare per scontato che l’interlocutore parli la sua lingua come un nativo. In effetti gli anglosassoni non fanno nessuno sforzo per farsi capire, parlando con un Italiano come se stessero dialogando con un residente di New York.
Questa circostanza va affrontata con la necessaria cortesia e determinazione, non esitando a far presente all’interlocutore quanto non si è capito, e soprattutto, salvo nei casi in cui si è certi di aver decrittato bene le frasi del cliente estero, di chiedere conferma di quanto si è compreso.
Sarebbe molto peggio far finta di aver capito tutto, quando poi si è capito poco o niente, con il risultato poi di irritare il cliente, in quanto otterrà qualcosa di diverso da quanto richiesto, facendogli quindi perdere tempo.
A proposito del “perdere tempo”, va detto che per gli anglosassoni il tempo è oro (time is money), anche quando si trovano all’estero in vacanza.
Per quanto non siano, in generale, sorpresi da perdite di tempo nei paesi non anglosassoni, vedere che le cose vanno per le lunghe, e osservare gente che cincischia, è una cosa che provoca ironia, e ben presto, anche fastidio.
Quindi, quando si interagisce con un Americano, un Inglese, o un Australiano, è bene servire il cliente con un’opportuna speditezza, trattenendosi da impiegare il tempo in fasi preliminari, che potrebbero essere gradite solo se brevi.
Un ulteriore elemento, già accennato, che accomuna Americani, Inglesi e Australiani, è la familiarità con cui interagiscono con gli sconosciuti. Quasi sempre si presentano con il proprio nome di battesimo, e chiedono all’interlocutore quale sia il suo, per proseguire usando quel nome. Questa circostanza potrebbe indurre l’operatore italiano a commettere l’errore di sentirsi in confidenza con il cliente anglosassone, e quindi lasciarsi andare a confidenze, battute, e più in generale ad un rapporto meno rigoroso e rispettoso, che è quanto mai di più sbagliato si possa fare.
Gli anglosassoni non si fanno pregare nell’evidenziare gli errori altrui, e quindi a criticare, ed il consiglio ovvio è quello di non lasciarsi prendere la mano da situazioni apparentemente di familiarità, mantenendo, al contrario, un atteggiamento di professionalità, anche quando ci si rivolge con un nome di battesimo verso l’acquirente straniero.
Va però anche detto che molti anglosassoni, indipendentemente dal loro paese di origine, se da una parte non hanno un’opinione molto elevata del nostro paese sotto il profilo dello Stato e della politica, al tempo stesso mostrano una genuina ammirazione, e anche simpatia, per alcune caratteristiche del nostro paese, che è bene sapere, per poterle valorizzare al meglio quando si interagisce con un cliente dei paesi oggetto di questa nota.
Innanzitutto vi è un grande rispetto per l’antichità, ossia per la civiltà romana, sia sul piano culturale, sia su quello monumentale. Anche le condizioni meteo, tradizionalmente favorevoli nel nostro paese, sono oggetto di evidente apprezzamento.
Inoltre vi è la piena consapevolezza della superiorità della cucina italiana rispetto alla loro (in effetti, come dar loro torto?).
Più in generale gli Italiani sono visti, in media, come gente simpatica e calorosa, oltre che elegante, viste le numerose case di moda italiane, e quindi bisogna dare motivo per confermare l’appropriatezza di quei giudizi, per quanto possibile.
Quando poi si offre un bene o un servizio, bisognerebbe, da una parte, rammentare, laddove questo sia possibile, il legame con il territorio e con il clima (circostanza che fa crescere il valore percepito del prodotto), e dall’altra, se il negozio, il bar, il ristorante, l’albergo opera da molti anni (anche se con gestioni diverse), è sicuramente consigliabile inserire nella conversazione il richiamo a questa caratteristica.
Più in generale, volendo concludere questo paragrafo con uno slogan, si potrebbe affermare che quando si hanno clienti anglosassoni bisogna essere “disinvolti fuori, e concentrati dentro”.
2) Le modalità di comportamento degli Americani
Con i suoi 330 milioni di abitanti, gli Stati Uniti sono di gran lunga il più grande paese anglosassone.
Sono inoltre la seconda potenza economica mondiale, dopo la Cina, mentre in termini di Pil pro capite sono tra i primi paesi al mondo (la precedono solo Irlanda, Svizzera, Qatar, Norvegia e Emirati Arabi, oltre che una manciata di staterelli tipo Singapore e Lussemburgo).
Va subito detto che è difficile fare un identikit dell’americano medio, perché fra i cittadini statunitensi vi sono tutte le razze del mondo.
Inoltre, può capitare di trovarsi di fronte ad Americani che parlano solo Spagnolo. Chi ha attraversato gli Usa avrà notato che in diverse stati del Sud degli Stati Uniti la lingua prevalente è lo Spagnolo, e non è raro incontrare persone che parlano solo la lingua di Cervantes.
Detto questo, è il caso di sottolineare come per quasi tutti i nativi del paese a stelle e strisce rimangono valide le considerazioni riportate per la generalità degli anglosassoni.
Vi sono però peculiarità che distinguono un Americano da un Inglese o un Australiano.
Il primo aspetto che si nota è che gli Statunitensi dicono spesso “sorry”, anche per la più banale delle disattenzioni. In questo caso l’ovvia risposta è uno sbrigativo “never mind”, senza prendere troppo alla lettera le scuse.
Un altro aspetto da considerare è che molti Americani hanno uno spirito religioso molto marcato, come dimostrato dalla decina di chiese diverse presenti in Usa, sebbene quella cattolica e quella protestante siano maggioritarie.
In effetti, anche nei motel più “sperduti” degli Usa, si trova nel cassetto del comodino una Bibbia. Per gli albergatori italiani che ospitano Statunitensi, rispettare questa abitudine potrebbe essere un segnale di indubbia professionalità (ovviamente mettendone una in versione inglese).
Data la frequente geometria variabile delle famiglie americane, è opportuno evitare, riferendosi ai clienti provenienti dagli Usa, di dire “your husband” e “your wife” (salvo quando i clienti indicano il proprio partner in quei modi), ma semplicemente “Gentleman” e “Lady”, che, per quanto inusuali, daranno un’impressione di eleganza, sicuramente gradita.
Un altro aspetto tipico degli Americani (ma anche degli Australiani) è l’understatement del vestiario. In pratica, potrebbe succedere che il giovanotto (o la ragazza) che avete di fronte, vestito/a con una T-shirt e blue jeans sdruciti sia il Ceo (Chief Executive Officer), ossia l’amministratore delegato, di una grande azienda, con, pertanto, una grande capacità di spesa, che a occhio il venditore italiano non potrebbe mai intuire.
Dunque, va evitato di far capire al potenziale cliente, apparentemente non ricco, che lui si potrebbe permettere solo i beni e servizi a buon mercato, per esempio, mostrando solo quelli.
D’altronde non c’è nulla di male nel chiedere il “price range” desiderato per i prodotti che si stanno considerando per l’acquisto.
Un altro elemento che attira in particolare gli Americani è l’arte, e quindi i prodotti “artistici”. Ne consegue che l’evidenziazione dell’unicità, della genuinità, della tradizionalità di un prodotto (che può essere anche un servizio), è quanto mai consigliabile quando si tratta di convincere i discendenti di George Washington a comprare qualcosa.
Gli Statunitensi hanno sviluppato modi curiosi per salutarsi, che vanno ormai oltre la tradizionale stretta di mano, fra cui abbracci anche stretti. Precisato questo, è da evitare di imitarli goffamente prendendo l’iniziativa, magari offrendo il pugno (uno dei modi più in voga, in particolare dopo il Covid), e quindi il modo più giusto è lasciare all’interlocutore americano la scelta del modo di salutare.
Se tutti gli anglosassoni amano andare al nocciolo della questione (the point), gli Americani sono i più diretti tra tutti i nativi di lingua Inglese.
Quindi chiarezza e trasparenza dovrebbero essere tenute in mente quando si parla con gli Statunitensi, per cui la concisione e la precisione devono caratterizzare le frasi dell’operatore italiano.
In virtù di questa attitudine, potrebbe anche capitare di sentirsi rivolgere domande dirette di contenuto personale, che vanno opportunamente gestite con chiarezza e determinazione, senza nessuna soggezione.
Anche gli Americani hanno, sebbene in modo limitato, il senso della superstizione, per cui il 13 è considerato un numero sfortunato, tanto che negli aerei manca il posto con il numero 13, e perfino nei grattacieli manca il 13° piano, per cui dal 12° si passa subito al 14°.
In pratica, il logico suggerimento è evitare questo numero quando ci si riferisce ai prodotti, sia per il prezzo, sia per la descrizione.
Per il resto si possono offrire omaggi ai clienti statunitensi senza timore di offrire loro qualcosa di non gradito, o non apprezzato, per motivi scaramantici.
Un altro aspetto curioso della cultura americana è il dress code. Se da una parte, perfino nei luoghi di lavoro, il modo di vestirsi è libero, vi sono alcuni contesti, tra cui i ristoranti eleganti, in cui gli Statunitensi sentono il bisogno di andare elegantissimi (ovviamente il concetto di eleganza può essere diverso dal nostro, tanto che, soprattutto le donne, si possono vestire in un modo che a noi potrebbe sembrare eccentrico).
Chi gestisce ristoranti e alberghi dovrebbe quindi tenerne conto, quando ha ospiti americani, magari destinando a loro una parte del locale, allestito elegantemente (es. con candele, luci soffuse, camerieri ben vestiti).
Un ultimo suggerimento è quello di guardare i film di Hollywood, non badando alla trama, bensì al “setting”, in quanto, osservando i contesti e il modo di comportarsi degli Statunitensi, si imparerà molto di più che in un corso di formazione, e si avrà, forse, anche la possibilità di verificare quanto corretta sia stata la descrizione degli Americani riportata in questo articolo.
3) Le modalità di comportamento degli Inglesi
Gli Inglesi hanno, indubbiamente (che piaccia o no), contribuito più di tutti alla civiltà occidentale, portando la loro lingua, scienza e cultura (sistema legislativo, infrastrutture, organizzazione della pubblica amministrazione) in giro per il mondo, grazie al più vasto impero coloniale che sia mai stato creato nel nostro pianeta.
Come molti hanno scoperto in occasione dei funerali della regina Elisabetta II, l’attuale re del Regno Unito, Carlo III, è formalmente il capo di Stato di una quindicina di paesi, tra cui Canada, Australia, Nuova Zelanda, e perfino della Papua Nuova Guinea.
Tutto questo segna, in sottotraccia, la mentalità degli Inglesi, che riescono ad accoppiare in modo inedito la naturale tendenza alla sobrietà e alla semplicità con la consapevolezza del valore della propria nazione, circostanza che ha indubbiamente contribuito alla scelta della Brexit.
Detto questo, con i suoi oltre 65 milioni di abitanti, gli Inglesi sono storicamente dei turisti affezionati all’Italia, come dimostrano i dati riportati in premessa.
Anche per i sudditi della Corona britannica valgono tutte le considerazioni esposte per gli anglosassoni, ma non mancano al tempo stesso alcuni elementi distintivi rispetto ad altri paesi con i quali condividono la loro lingua madre.
Il primo di questi elementi è l’amore per le tradizioni (non si spiegherebbe altrimenti l’attaccamento alla Monarchia).
Questa circostanza dovrebbe indurre l’operatore italiano a sottolineare con maggiore forza i legami del prodotto che sta vendendo con una tradizione della propria città o regione, o al limite, italiana.
Un secondo elemento è la diffidenza verso la religione, per la quale non hanno, statisticamente parlando, una grande passione (come anche gli Australiani). Al tempo stesso va detto che fra i cittadini inglesi vi sono anche i discendenti di immigrati asiatici e africani, che, per contro, ancora nutrono un certo afflato religioso, ma per credi non cristiani (es. Islam).
Tutto questo suggerisce di non fare troppi riferimenti alla religione (ma d’altronde chi li fa ormai in Italia?), e laddove il turista inglese si trovi in un luogo in cui è in corso un evento religioso, è il caso di sottolinearne la sua importanza più che altro in termini di tradizione.
Il Regno Unito è anche il regno dei singles, e quindi bisogna considerare questa circostanza quando si offre un servizio ad un Inglese (uomo o donna), che palesemente viaggia da solo/a, predisponendo anche un prezziario che non penalizzi eccessivamente tale condizione.
Fra gli anglosassoni, gli Inglesi sono quelli che nascondono meno la circostanza di avere un partner dello stesso sesso (sebbene anche Statunitensi e Australiani non si facciano particolari problemi), ed è quindi opportuno essere preparati a tale circostanza, evitando di mostrare una malcelata sorpresa, e tanto meno facendo intuire una reazione ironica (anche un sorriso può dire molto), ricordandosi sempre che si stanno trattando dei clienti, che meritano rispetto, indipendentemente da razza, religione, e orientamento sessuale.
Come tutti gli anglosassoni (quindi anche Americani e Australiani), gli Inglesi sono quasi sempre “hard workers”, e quindi può capitare che in vacanza si lascino andare ad eccessi, compresa l’assimilazione eccessiva di bevande alcoliche.
In questi casi bisogna essere veramente bravi a sapere, con un giusto tatto, consigliare il proprio cliente a diversificare le bevande, in modo da potersi gustare pienamente la serata.
Detto questo, nei casi in cui è prevedibile la perdita di lucidità del cliente estero, può essere una buona idea per il gestore di un bar o di un ristorante, farsi dare a un certo punto le coordinate dell’albergo del cliente, così da poter chiamare un taxi per condurre il proprio ospite sano e salvo nel luogo dove può riposarsi.
Gli Inglesi sono amanti della musica (d’altronde da quale paese provengono i più importanti cantanti e band di successo mondiale?), e questo dettaglio dovrebbe essere utilmente considerato nell’allestire aree espositive, sale e camere dove i clienti inglesi sono attesi.
A differenza degli Americani, che sono gioviali fin dall’inizio, gli Inglesi sono più progressivi nel prendere confidenza, e quindi bisognerà adeguarsi al ritmo di acquisizione di familiarità, mantenendo anche il giusto rispetto per la privacy dei potenziali clienti.
L’importanza della tutela della privacy è in effetti un’altra caratteristica che distingue gli Inglesi dagli altri anglosassoni.
Bisogna quindi stare attenti nel porre domande che potrebbero essere intese come un tentativo di violazione della riservatezza, in genere molto apprezzata Oltre Manica.
Ugualmente, gli Inglesi sono i campioni del mondo in materia di impassibilità, e non perdono la calma neppure nei momenti più critici (e anche per questo a volte ci rimettono le penne, in quanto la fuga può salvare la vita in certe situazioni).
Bisogna quindi evitare con gli Inglesi, nei limiti in cui ci riesce, di apparire agitati o molto arrabbiati, nonostante ci siano tutte le ragioni per esserlo, in quanto si otterrebbe un risultato opposto a quello desiderato.
Insomma, bisogna cercare di parlare la stessa lingua, anche sul piano della gestualità e del modo di presentare i concetti, tentando di imitare James Bond, che sembrava disinvolto e rilassato anche in punto di morte.
Al tempo stesso gli Inglesi amano molto l‘ironia, e non disdegnano neppure l’autoironia, che apprezzano in particolare se effettuata dall’interlocutore. Per cui, se ci si accorge di essere in fallo, dopo essersi scusati, e aver trovato un modo per compensare il cliente inglese in qualche modo danneggiato, potrebbe essere una buona idea cercare di chiudere l’incidente con qualche frase scherzosa, che metta in evidenza la consapevolezza del proprio imperdonabile errore.
Ugualmente, non bisogna lasciarsi prendere dalla sorpresa (e tanto meno offendersi), se il cliente inglese rimarcherà con qualche battuta, e conseguente risata, qualche problema emerso nella relazione con il venditore italiano.
Quello che conta, come sempre, è la soddisfazione del cliente, per cui, salvo casi estremi da non tollerare, un sorriso di accondiscendenza (ovvero di ammissione che la battuta del cliente era giusta) sarà la risposta più apprezzata dall’interlocutore estero.
Un altro aspetto peculiare degli Inglesi è la tendenza a non essere chiassosi (salvo eccezioni, come il venerdì sera, dove vi è l’abitudine in Gran Bretagna di bere molta birra, magari in un pub).
Se per noi italiani è normale parlare a voce alta, senza che questo denoti rabbia o nervosismo, non altrettanto avviene a Londra e dintorni, per cui, se ci si accorge dall’espressione strana dell’interlocutore inglese che, forse, la nostra voce è molto alta, allora bisognerà scusarsi, e diminuire il numero di decibel della nostra conversazione.
Un ultimo aspetto tipico degli Inglesi, che merita di essere sottolineato, è l’understatement, ossia l’abitudine a non esagerare meriti, o di mostrare troppo orgogliosamente proprie qualità.
Di conseguenza è bene che, nella presentazione di un bene o di un servizio, l’evidenziazione dei suoi vantaggi non sia eccessiva, e che ci si trattenga soprattutto dal vantare che il nostro è il miglior prodotto in una determinata zona, in quanto queste vanterie saranno viste con sospetto, e susciteranno anche una certa ironia.
4) Le modalità di comportamento degli Australiani
Con i suoi 25 milioni di abitanti, quasi tutti amanti dei viaggi e della vita all’aperto, l’Australia è un paese di origine per il turismo italiano importante.
Si tratta di un popolo piuttosto sportivo, abituato alle difficoltà e alle grandi distanze, che è assolutamente curioso per tutto ciò che viene dall’estero.
I loro cugini neozelandesi, autodenominatisi Kiwi (non è chiaro se in riferimento al raro volatile o al frutto), sono, per contro, molto più chiusi, e decisamente più nazionalisti, ma essendo appena 5 milioni, il rischio di confonderli con gli australiani è piuttosto basso.
Va detto in primo luogo che l’accento degli Australiani è un po’ più difficile da capire per noi Italiani, e usano anche espressioni proprie, non sempre intuibili, anche capendo le parole (es. G’day, mate, che vuol dire Buongiorno amico).
Gli Aussie (come chiamano sé stessi) sono, tra gli anglosassoni, quelli più “alla mano”, distanti da ogni forma di vanto, anche rispetto agli stessi Americani.
E’ quindi difficile offenderli, ma al tempo stesso non bisogna dimenticare le raccomandazioni presentate per la generalità degli anglosassoni, che vanno considerate valide anche per loro.
Va poi riconosciuto che il loro modo di esprimersi, con a volte battute e allusioni, che sono finalizzate a creare un contesto di inziale allegria nell’avvio di una conoscenza reciproca, potrebbero essere intese da noi come troppo allusive, e quindi offensive.
In questi casi bisogna stare al gioco, evitando anche di rispondere per le rime, perché, come già ricordato, gli Australiani, pur non essendo geograficamente lontani, sono agli antipodi degli abitanti dell’Estremo Oriente, che tengono invece in gran conto la dignità e la “faccia”.
Detto questo, non bisogna però pensare che “farsi delle risate” sia la principale attività degli australiani, che, almeno a casa loro, sono abbastanza seri.
Inoltre, è il caso di segnalare che la popolazione australiana è il risultato di diverse ondate migratorie dall’Europa e dall’Asia, e negli ultimi anni è stata oggetto di una notevole immigrazione dalla Cina, e quindi potrebbe capitare di trovarsi di fronte a persone dall’aspetto asiatico, ma che sono cittadini australiani.
Anche la comunità australiana di discendenti da Italiani è tutt’altro che modesta, e quindi gli stessi Australiani hanno già un’idea sui nostri connazionali (che spesso operano in quel paese nella ristorazione).
In conclusione, potrebbero essere Aussie clienti che, a prima vista, non lo lascerebbero intuire.
Un altro aspetto da considerare, che differenzia gli Australiani da altri popoli anglosassoni, è l’importanza che normalmente loro attribuiscono ai rapporti personali, che deriva essenzialmente dalla natura del contesto in cui vivono, dove, a parte poche grandi città, molta gente vive in piccoli villaggi, dove la comunità gioca un ruolo essenziale.
Questo viene detto per rammentare che potrebbe essere tutt’altro che raro percepire la volontà di conoscenza nei nostri confronti da parte del cliente australiano, che bisognerà evitare di deludere, per quanto possibile.
Insomma, gli Australiani sono tra le persone più aperte e disponibili all’amicizia rispetto agli altri popoli anglosassoni, e per questo aspetto sono sicuramente più simili ai popoli latini (come il nostro).
Si spiega così la tendenza della popolazione del più grande paese dell’Oceania a essere poco formali (anzi, per nulla), sebbene gli Australiani, a differenza degli Americani, non siano abituati ad abbracci, pacche sulla schiena, baci sulla guancia, almeno nella fase iniziale della conoscenza.
Ancora una volta, la regola d’oro è seguire quello che fa l’interlocutore estero per quanto riguarda la gestione dello spazio intorno a sé.
Dato che il vino in Australia costa un occhio della testa, regalare una bottiglia di vino italiano farà sicuramente la felicità di qualsiasi Aussie (ma stando attenti a non esaltarne il valore economico, poiché questo potrebbe mettere in imbarazzo il cliente straniero).
Quando si tratta di organizzare qualcosa, gli Australiani tendono a fidarsi dell’organizzatore, fiducia che ovviamente non va tradita, pur considerando che in genere sono più flessibili rispetto alla media degli anglosassoni.
5) Conclusioni
Come si è visto, ogni popolo ha le sue caratteristiche, di cui bisogna tenere conto se si vuole fornire un servizio professionale, che richiede attenzione, magari attuando le indicazioni riportate in questo articolo.
Ma resta aperta una domanda: come distinguere un Americano, da un Inglese o da un Australiano?
Premesso che non è detto che ci si riesca, l’indicatore principale è sicuramente l’accento. A questo scopo guardare film nella lingua originale può essere un ottimo esercizio.
Se i film con James Bond conterranno voci prevalentemente inglesi, i film di Hollywood, avendo attori americani, saranno un utile riferimento per riconoscere l’accento statunitense.
Se poi si vuole avere un’idea dell’accento australiano, allora andrebbero ascoltati i film come Crocodile Dundee, ambientato in parte proprio in Australia, così come il film Tracks, girato nell’Outback australiano.
Un secondo indicatore è il comportamento del cliente, che osservato attentamente, potrebbe consentirci di tentare di indovinarne la provenienza, alla luce delle indicazioni contenute in questa nota.
E poi, il terzo modo, che è anche quello più facile, è semplicemente chiedere “where are you from?”.
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