Il Category Management per pianificare e gestire le attività di marketing (2/8)
di Karin Zaghi
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L’identità, il posizionamento competitivo (e, più in generale) il valore e il successo di un negozio sono fortemente determinati dall’assortimento (voi siete quello che vendete) e, soprattutto, da come questo viene gestito, spiegato, raccontato, esposto, comunicato (come lo vendete).
In questo secondo articolo sul Category Management, sempre a cura della Professoressa Karin Zaghi, Associate Professor of Practice of Channel and Retail della SDA Bocconi School of Management, approfondiremo le fasi del processo di Category Management, ed, in particolare, il momento strategico, perché la scelta e la selezione dell’assortimento non possono essere lasciate al caso o alla “sensazione” del negoziante, anche di quelli più ispirati.
I punti di forza del category management
Il cuore del processo di category management è l’ambientazione della stessa categoria nel punto vendita, al termine di un percorso di analisi e interpretazione del contesto competitivo che si fonda su alcuni punti cardine.
- La gestione di un insieme di prodotti come risposta a una specifica esigenza di acquisto e di consumo che non necessariamente risponde a meri criteri merceologici. Per esempio, per soddisfare il bisogno di “organizzare una cena per amici” il cliente potrebbe dover acquistare non solo prodotti alimentari, ma anche biancheria per la tavola, segnaposti, candele e decorazioni.
- L’arricchimento della comprensione del processo di acquisto del cliente, in termini di coinvolgimento psicologico, di conoscenze e criteri che orientano le decisioni di prodotto e di procedure di valutazione adottate nella scelta. Per esempio, il coinvolgimento del cliente nell’acquisto di un abito da cerimonia può dipendere non solo dall’importanza attribuita alla categoria, ma anche dal rischio percepito nell’acquisto, così come dalla visibilità sociale dei processi di consumo. Conoscere questi aspetti può essere quanto mai utile per pianificare e gestire le scelte assortimentali.
- La pianificazione di un approccio semplice, modulare e flessibile che possa essere adattato a specifici contesti competitivi.
- L’adozione di un orientamento strategico rivolto al futuro.
Lungo l’intero processo un unico obiettivo: massimizzare la soddisfazione e fidelizzazione del cliente mediante una strategia di differenziazione della propria offerta che garantisca la redditività nel tempo, incrementando il valore per tutti i soggetti del canale distributivo.
Le fasi del modello operativo
Il processo di category management può essere suddiviso in quattro momenti:
1) il momento strategico, che si apre con la definizione delle categorie, andando a identificare la varietà potenziale dell’assortimento, e si chiude con l’assegnazione a ognuna di esse di un ruolo.
2) il momento analitico, in cui le singole merceologie, che costituiscono le categorie definite in precedenza, vengono analizzate con riferimento alle performance interne (utilizzando prevalentemente dati aziendali) ed esterne (rifacendosi a dati di mercato).
3) il momento operativo, dove, in base alle analisi del punto precedente, si costruisce un vero e proprio piano di categoria. Questo è costituito dalla definizione degli obiettivi da assegnare alle sottocategorie da cui poi discende l’articolazione delle leve di assortimento, prezzo, comunicazione e visual merchandising.
Nello specifico, i passaggi chiave di queste fasi analitica e operativa sono:
- La costruzione del migliore assortimento della categoria (in termini di marche e varianti di prodotto) al fine di massimizzare la probabilità acquisto.
- La sistemazione e comunicazione più efficiente ed efficace della categoria nel punto vendita in termini di layout, display e materiale di comunicazione (anche dei fornitori) al fine di minimizzare i costi e massimizzare la visibilità e così anche gli acquisti d’impulso.
- La gestione più efficiente di tale assortimento in termini di prezzo e promozione al fine di massimizzare la produttività.
4) il momento di controllo, che prevede una fase di verifica dei risultati raggiunti dalle azioni di marketing e in caso intervenire per rivedere in tutto o in parte il progetto
Il punto di partenza: la definizione dell’albero delle categorie
Come appena evidenziato, il processo di category management si avvia con il momento strategico che nella sua prima parte va a definire l’albero delle categorie e conduce alla identificazione dei confini dell’assortimento. Il fatto stesso che il cliente legga l’offerta, ancorando le categorie assortimentali ai propri bisogni, rende questa fase quanto mai critica, perché è necessario che egli possa comprendere in modo chiaro, immediato e inequivocabile quali bisogni l’assortimento possa soddisfare.
L’ampiezza dell’albero delle categorie dipende dalle complementarietà funzionali e/o simboliche che l’assortimento deve soddisfare. In specie, è fondamentale che si realizzi un connubio cognitivo tra le macro-categorie e la rappresentazione mentale del punto vendita sviluppata dal cliente, al fine di evitare che l’offerta venga percepita come poco credibile. Per esempio, in una libreria in cui il mercato riconosce la soddisfazione del bisogno di “istruzione” appare poco credibile la presenza di strumenti e/o prodotti musicali.
Al contrario, se la libreria è percepita come un luogo designato alla “gratificazione intellettuale”, l’offerta potrà interessare anche macro-categorie di natura diversa da quella editoriale.
Seguendo questa logica si giunge alla nascita dei cosiddetti concept store così come dei life-style store, dove macro-categorie apparentemente molto distanti in termini di processi di consumo e di logiche di acquisto risultano, invece, complementari dal punto di vista simbolico.
Una volta articolate le macro-categorie in base ai benefici ricercati dal cliente, è necessario definire le sub-categorie ricostruendo i processi di consumo/utilizzo dei prodotti da parte del cliente.
Per esempio, la macro-categoria “abbigliamento” di una boutique potrebbe essere suddivisa in base alla situazione d’uso e ai bisogni dei clienti nelle seguenti categorie: “prima linea” (per i capi più esclusivi per taglio e materiali), “easy to wear” (per i capi più comodi e di uso quotidiano) e “ricerca” (per i capi di nicchia, d’avanguardia, dall’elevato contenuto di design). Così facendo, si andrebbero a consolidare i valori di un’offerta distintiva, essenzialmente legata alla gratificazione personale, all’auto-considerazione, all’appartenenza alla tribù di quello specifico punto vendita.
Una volta identificate le singole categorie, si costruisce l’assortimento delle sub-categorie, andando a determinare l’ampiezza e la profondità ottimali rispetto segmento obiettivo di clienti.
Quale ampiezza e quale profondità? Ce lo dice l’esperienza del cliente
Adottando la prospettiva del cliente l’ampiezza è da intendersi come il numero di alternative di offerta ritenute rilevanti nella soddisfazione del suo specifico bisogno. In questo senso, occorre innanzitutto comprendere quali sono le chiavi di lettura utilizzate per leggere le differenze tra i prodotti ovvero qual è il criterio attraverso il quale il cliente individua delle alternative di scelta e come questo evolve nel tempo.
Per esempio, nel mondo dell’ottica il principale criterio di scelta potrebbe essere la marca oppure il design piuttosto che il materiale o altro ancora.
La profondità, invece, è definita dal numero di varianti disponibili per ciascuna alternativa. Nel valutare la profondità è, dunque, rilevante valutare il livello di coinvolgimento e analizzare i rapporti di sostituibilità delle varianti. In particolare, i clienti molto coinvolti nell’acquisto valorizzano il servizio informativo reso da un assortimento orientato in profondità e sono più attenti alla qualità della preselezione. Per contro, un basso coinvolgimento porta a dare peso al servizio logistico, quindi alla velocità dell’acquisto all’interno della categoria.
Per esempio, una boutique che si rivolge a una clientela giovane particolarmente attenta alle tendenze della moda potrebbe considerare la categoria jeans e la varietà dell’offerta espressa dal numero di marche come un punto di riferimento centrale nella scelta del proprio punto vendita. Se così fosse, visto l’alto coinvolgimento nell’acquisto, la categoria dovrebbe orientarsi in profondità, articolandosi per esempio in termini di modelli e colori così da offrire una proposta il più completa possibile dell’offerta del mercato.
In sintesi, l’assortimento non può che avere una componente dinamica guidata dall’analisi costante del mercato obiettivo.
In altri termini, al fine di fare evolvere l’immagine del negozio senza stravolgerla, la proposta commerciale deve riflettere continuamente il mutamento dei bisogni e delle esigenze della clientela che lo frequenta.
Quante e quali referenze devono comporre l’assortimento ideale, in grado di far preferire un punto vendita rispetto a un altro?
Secondo quali criteri esse vanno cercate, selezionate, proposte, organizzate, esposte e comunicate?
Per tracciare le linee guida da seguire nella costruzione dell’offerta di categoria occorre considerare in successione i tre fattori che in maniera sinergica influenzano la definizione dell’assortimento: i clienti, i fornitori, i ruoli strategici delle categorie.
Ma di questo parleremo nei prossimi articoli.
Manuale di riferimento
IL NEGOZIO NELL’ERA DI INTERNET – 2A EDIZIONE
A cura di:
Editore: Confcommercio
Internet sta modificando profondamente il contesto competitivo del commercio al dettaglio, esattamente come succede in tanti altri settori.
Sempre più consumatori comprano online, soprattutto i giovani, a volte anche dopo aver provato i prodotti in negozio.
L’utilizzo di internet in mobilità, inoltre, anche e soprattutto all’interno dei negozi, rappresenta una rivoluzione nella rivoluzione, tanto che alcuni immaginano un futuro dove tutti gli acquisti saranno fatti online, e pochi grandi negozi faranno da showroom per i giganti dell’online.
Confcommercio è, invece, tra coloro che credono che i negozi fisici hanno ancora un futuro.
Certo, dovranno inserirsi intelligentemente in questi mutamenti senza esserne travolti, anche imparando ad utilizzare le nuove tecnologie e le loro regole ma, soprattutto, sfruttando e potenziando alcune caratteristiche distintive che nessun player online potrà mai copiare, perché un negozio è lì, sulla strada, gestito da persone in carne ed ossa che vivono nella stessa comunità, sullo stesso territorio del cliente.
Comprare in un negozio di qualità è decisamente un’esperienza appagante, e una città senza negozi, gestiti da persone competenti e appassionate, sarebbe una enorme perdita in termini sociali e di qualità della vita.
Per avere maggior supporto per la tua attività contatta la tua Associazione Confcommercio