(1/3) 10 archetipi di clienti e come riuscire a vendergli qualcosa

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Ogni giorno entrano in negozio persone molto diverse e con esigenze molto diverse: dal cliente abituale, a quello che vuole scambiare due chiacchiere, a quello che vuole solo dare un’occhiata, a quello che ha fretta e non vede l’ora di completare la sua “lista della spesa”, ecc.

In questo articolo primo articolo sui clienti clienti-tipo analizzeremo il più importante, ovvero il cliente abituale e il suo opposto, quello che passa per caso e vuole “dare solo un’occhiata”, per concludere con il cliente difficile, quello che entra già arrabbiato. Su tutti gli articoli della serie, per ciascun tipo di cliente, forniremo qualche indizio su come riconoscerlo/in quali circostanze è più frequente e, soprattutto, qualche suggerimento per riuscire a renderlo soddisfatto (e vendergli qualcosa!).

Come ogni negoziante sa molto bene, ogni giorno entrano in negozio persone molto diverse e con esigenze molto diverse: dal cliente abituale, a quello che vuole scambiare due chiacchiere, a quello che vuole solo dare un’occhiata, a quello che ha fretta e non vede l’ora di completare la sua “lista della spesa”…

E’ decisamente una delle caratteristiche più interessanti e (a volte) divertenti della gestione di un negozio, come ci confermano tantissimi associati. Il bravo negoziante è una persona empatica e a suo agio nel parlare con la gente. Pertanto, se qualcuno nel vostro personale di vendita non ama parlare con le persone, meglio cambiarlo o cambiargli mansione, perché tutte le ricerche indicano che l’insoddisfazione nel rapporto col venditore è spesso la prima causa di abbandono di un negozio.

In realtà, poi, i venditori davvero bravi sono anche un pò psicologi, capiscono al volo le esigenze del cliente, spesso ben prima che il cliente le espliciti e, nei casi più eclatanti, senza che il cliente ne sia completamente consapevole.

Per aiutare tutti gli altri negozianti/commessi/venditori, in questo e nei prossimi articoli individueremo 10 archetipi di clienti; sicuramente li avrete già incontrati o li incontrerete nei prossimi giorni. Per ciascuno saranno indicati dei tratti distintivi e degli indizi per identificarlo velocemente, o dei casi/tipologie di negozio o di location in cui la possibilità di incontrarlo è maggiore e, soprattutto, dei suggerimenti per approcciarlo al meglio, perché come sicuramente saprete già, non esiste una ricetta che vada bene per tutti.

  1. Il vostro cliente abituale

Iniziamo dal caso più facile, ma anche quello più importante, sia come valore che genera negli anni, sia, ahimè, come potenziale perdita se lo deludete e ve lo fate scappare. Sono clienti che già vi apprezzano (altrimenti non tornerebbero). Identificarli è facile, perché li dovreste già conoscere. Un pò più difficile, soprattutto quando le dimensioni del negozio aumentano e le persone che li servono sono diverse, è ricordarsi cosa hanno già comprato da voi e, più in profondità, il motivo per cui vi scelgono.

Un modo per farlo è quello di dotarsi di un CRM. Sul mercato ce ne sono tanti, ma per iniziare basta anche un quaderno (o un foglio excel), dove segnare, sotto il nome di ogni cliente, alcune note che vi aiuteranno nella gestione della relazione: cosa ha comprato da voi, cosa stava cercando, per quale occasione, che tipo di prodotti apprezza, ecc.

In un prossimo articolo approfondiremo, anche sulla base dell’esperienza di molti negozianti associati, come costruire un albero di informazioni efficace sui vostri clienti da inserire in un CRM. L’importante è segnare da qualche parte quello che imparate su di loro, perché vi aiuterà a servirli meglio, e, considerata l’importanza di questo tipo di cliente, non potete fare affidamento solo sulla vostra memoria.

Il cliente abituale ama essere riconosciuto e “coccolato”. In fondo, non è come gli altri, e questo diverso “status” deve essere evidente, e riconosciuto, anche in presenza di altri clienti in negozio. Secondo l’esperienza di molti negozianti, confermata dalle ricerche di neuromarketing, molti degli altri clienti invidieranno questa vicinanza/complicità e ambiranno ad entrare in questo “Premium Club”. Naturalmente dipende sempre da come lo fate. Un saluto personalizzato al cliente abituale che entra mentre ne state servendo un altro è ben accettato dal cliente che state servendo (“Buongiorno Signora Giovanna, tutto bene la cena dell’altra sera? Appena posso sono da lei”), mentre abbandonare il cliente che state servendo per servire il cliente abituale è, ovviamente, inaccettabile.

Il cliente abituale torna per qualche motivo ben preciso (un trattamento personalizzato? Una categoria di prodotti alto di gamma? Un prodotto/marca specifico? Tutte cose da inserire nella sua scheda CRM). Cercate di rafforzare questa impressione ogni volta che torna, magari proponendo delle ultime novità/nuovissimi arrivi.

Meglio ancora se lo fate mandandogli una mail/un SMS personalizzato (altri elementi da inserire nella sua scheda CRM) mostrando attenzione nei suoi confronti e facendogli capire che è tra i primi ad essere avvertiti. Si rimanda a questo approfondimento sull’e-mail marketing per evitare che il vostro messaggio venga buttato immediatamente nel cestino.

Coinvolgeteli quando possibile, chiedendo la loro opinione sulle novità o su quello che pensate di cambiare. Un ristorante o un bar possono creare complicità con i clienti abituali facendo loro provare in anteprima nuove ricette o cocktail per avere il loro parere, un negozio può lavorare sulle novità e sui cambi di assortimento preferiti/suggeriti. Si sentiranno coinvolti e “speciali”, e spesso queste attenzioni sono molto più efficaci (e molto meno costose per voi!) del classico sconto.

  1. Il walk-in, quello che entra “per dare solo un’occhiata”

Sono clienti che entrano nel negozio senza una vera intenzione d’acquisto: o sono stati attratti da qualcosa in vetrina o visibile dall’esterno oppure devono solo far passare del tempo (es. aspettano qualcuno).

È un tipo di cliente molto frequente in località turistiche (la passeggiata sul lungomare prima di cena, o la “vasca” nel corso del paese) o per negozi situati dentro o nelle immediate vicinanze di luoghi di transito (aeroporti, stazioni, ecc.).

E’ un tipo di cliente che deve essere accolto, ma generalmente bisogna lasciarlo da solo e dargli il suo tempo. Salutatelo all’entrata, o fategli capire che lo avete notato. Quando risponderà che era entrato solo per dare un’occhiata, resistete all’impulso di travolgerlo con le vostre proposte e ditegli qualcosa come: “guardi pure con calma; se ha bisogno di aiuto sono qui” e buttate là casualmente una sola indicazione, del tipo: “su quello scaffale ci sono gli ultimi arrivi”, oppure: “nell’altra stanza può trovare le offerte della stagione”, e aspettate che sia lui a chiedere.

Naturalmente, però, siamo qui per vendere, e non possiamo farci scappare una potenziale occasione di acquisto. Come fare? In questo caso è il negozio che lavora per voi! Lavorate, quindi, sul Visual Merchandising, ovvero su come assortite e disponete la merce in negozio e in vetrina.

Certo, anche in vetrina, perché è più facile convertire in acquisto qualcuno che entra perché attratto da qualcosa in vetrina piuttosto che per perdere un po’ di tempo in attesa di un autobus.

Maggiori approfondimenti sul Visual Merchandising e, più in generale, su come disporre la merce in negozio sono disponibili nei volumi “Il Negozio nell’era di Intenet” e “Neuromarketing nel Negozio”, scaricabili gratuitamente dagli Associati Confcommercio.

Un ultimo, importante suggerimento per convertire in acquirente quello che entra solo per dare un’occhiata: facilitate gli acquisti d’impulso! Come fare? Anche in questo caso un corretto Visual Merchandising vi darà la risposta giusta, e rimandiamo ad un prossimo approfondimento per una analisi dettagliata.

Le accortezze minime sono quelle di selezionare con cura i prodotti per l’acquisto di impulso (devono essere facili da prendere, anche con una mano sola, e costare poco) e posizionarli in modo che vengano visti bene, anche usando cartelli/shelf talker, l’illuminazione e altri elementi che catturino l’attenzione. I posti migliori dove metterli sono vicino alla cassa e vicino ai vostri best seller.

  1. Il Cliente Difficile

Tutti avrete provato, almeno una volta, la sgradevole esperienza di trattare con un cliente difficile, ovvero un cliente che entra già arrabbiato nel negozio, per i motivi più vari, dal reclamo per un prodotto difettoso, ad un’esperienza d’acquisto infelice di qualche giorno prima (magari anche in un altro negozio, voi non c’entrate nulla!), o, semplicemente, perché quel giorno è sceso dal letto con il piede sbagliato.
È sicuramente il caso in cui avere a che fare con le persone, soprattutto se pure maleducate, non è divertente, e può sicuramente avere impatti negativi sul personale di vendita e sugli altri clienti, ma gestire un negozio significa, a volte, anche questo.
Anzi, molti degli associati intervistati la prendono come una sfida, e ricordano con soddisfazione le volte che hanno trasformato un cliente arrabbiato in un cliente abituale. A volte capita.

La regola base è evitare di arrabbiarsi, per quanto sia difficile. La rabbia chiama altra rabbia, mentre è incredibile il potere calmante di un comportamento assertivo (attenzione, non passivo e sempre accondiscendente; anzi, quello può indurre il vostro interlocutore a continuare e peggiorare il suo comportamento, in una tipica formula Bullo-Vittima).
Mostrarsi ragionevoli e cercare di capire le ragioni dell’altro è il primo, fondamentale, passo.

La seconda accortezza, ancora più valida nell’era dei social media, dove chiunque passi nelle vicinanze è dotato di un telefonino, è quella di risolvere la questione in un posto appartato e lontano dagli altri clienti, perché l’ultima cosa che volete è una scenata in pubblico, che 10 secondi più tardi sarebbe postata sul web (“venga, perché non ne discutiamo con calma nel mio ufficio?”).

A questo punto, la vostra strategia cambia in relazione al motivo dell’arrabbiatura del cliente.

Poteste dover chiedere scusa per un prodotto difettoso o per un comportamento inappropriato di un vostro collaboratore. Approfondite la questione in pieno spirito di collaborazione e ammettete gli errori, nel caso ve ne fossero, perché il reclamo è un’occasione per generare soddisfazione e rinforzare la relazione col cliente. Una soluzione offerta/un rimedio tempestivo viene percepito come assistenza speciale (un di più) che innesca la regola della reciprocità, quindi anche il cliente si sentirà “in debito” per aver ottenuto il giusto risarcimento.

Meglio ancora se gli offrite un maggior valore percepito.

Attenzione: maggior valore percepito per lui non significa necessariamente maggior costo per voi (quantomeno non in misura uguale).

Ricorderete ancora sicuramente, da clienti, quella volta che l’albergo vi ha ospitato senza sovrapprezzo nella suite perché la camera che avevate prenotato non era disponibile, o quando avete viaggiato in Business Class perché i posti in Economy erano in overbooking.

Naturalmente non sapete quanto sia costata quell’offerta all’albergo o alla compagnia aerea (probabilmente la suite era invenduta quel weekend, e offrirvela il pomeriggio del sabato non costava quasi nulla all’albergatore, mentre ha avuto un valore elevato per voi).

Gestire i reclami in maniera proattiva e flessibile, offrendo un maggior valore percepito senza perdere soldi non è facile, e, soprattutto, è necessario che tutti i vostri collaboratori possano disporre di certi margini da utilizzare caso per caso, valutando con attenzione quando conviene farlo e con chi. La corretta gestione di questi margini, peraltro, nelle aziende orientate al cliente, è un elemento di valutazione della performance del personale.

Ricordate, però, che prevenire tutti i possibili intoppi è costoso e quasi impossibile, mentre intervenire in modo rapido per risolverli è fattibile e genera maggiore soddisfazione.


Vi imbatterete, purtroppo, anche nei casi irrisolvibili, ovvero clienti irrecuperabilmente maleducati, o che chiedono risarcimenti folli, o che insultano pesantemente i vostri collaboratori, o che hanno semplicemente voglia di litigare.

Se avete lavorato bene negli step precedenti, si dovrebbe trattare di situazioni davvero marginali. In questo caso non abbiate paura di interrompere ogni futuro rapporto (tanto, visto il soggetto, si tratta di rapporti che generano poco valore e tanti problemi).

Fate loro capire, con cortesia ma con fermezza, che non gradite averli come clienti, e accompagnateli fuori augurando loro di trovare sul mercato alternative più adatte alle loro esigenze.

Nei casi più molesti, chiamate la sicurezza o la polizia.

Manuale di riferimento

COLLANA LE BUSSOLE

IL NEUROMARKETING NEL NEGOZIO

Le neuroscienze hanno da tempo dimostrato che esistono processi cognitivi ed emotivi di cui non abbiamo il controllo razionale e di cui siamo (parzialmente o totalmente) inconsci. Il neuromarketing, disciplina relativamente giovane che studia cosa provano e come decidono i clienti, può aiutare i negozianti a rivolgere l’attenzione ai propri clienti in modo nuovo, per capire meglio i loro comportamenti, i loro bisogni inespressi, cosa essi si aspettano di trovare in un negozio e, soprattutto, quali sono i meccanismi mentali che guidano le loro decisioni e cosa li rende soddisfatti e felici durante l’esperienza di shopping.

Alcuni suggerimenti forniti in questa guida sono già parte integrante del comportamento dei negozianti di successo, ma spesso vengono applicati come risultato di una spiccata capacità relazionale, doti di vendita o semplice buon senso. Oggi, grazie al neuromarketing e allo studio del cervello, siamo in grado di capire perché certe azioni inducono determinati comportamenti.

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